Tokyo 2020, Alice Bellandi: «Credevo davvero in una medaglia»

Quando oggi, all’interno del villaggio delle Olimpiadi di Tokyo, Alice Bellandi riprenderà ad allenarsi in palestra, occorrerà che la sua mente sia nuovamente libera. Cancellare la delusione per il settimo posto nel torneo individuale di judo dei 70 chilogrammi è l’imperativo per prepararsi nel migliore dei modi alla prova a squadre di sabato.
Intanto negli occhi di tutti i bresciani che l’hanno seguita in tv sono rimaste impresse le lacrime della judoka di via Cremona. Alice Bellandi ha pianto ininterrottamente dall’uscita dal tatami, dopo la sconfitta nei recuperi contro l’iridata croata Matic, fino a quando ha abbandonato la zona interviste. Alle domande dei cronisti ha risposto singhiozzando e asciugandosi di continuo il volto rigato dalle lacrime, con numerose pause tra una frase e l’altra. «Ho creduto nella medaglia dal primo incontro fino all’ultimo. Era veramente una prova importante per me questa. Nonostante avessi passato due anni senza successi ero convinta che avrei portato a casa qualcosa di veramente buono. Non è stato così».
Non serve a far placare il dolore e la pena ricordare che la Bellandi fosse entrata in gara come trentesima e ultima del ranking e si sia classificata settima. «Dopo le Olimpiadi cambierò di categoria, quindi non mi interessano i punti. Nella testa avevo una cosa sola la medaglia, in particolare quella d’oro. Dopo la sconfitta ai quarti mi sarei accontentata anche del bronzo, così non è andata». Ripensando al combattimento perso contro l’olandese Van Dijke nei quarti, Alice non sa dire cosa sia andato storto: «Ho perso e purtroppo è questo quello che conta. Io avevo fatto waza-ari e in quel momento la giuria è andata a rivalutare una sua precedente azione dando waza-ari anche a lei. Questa decisione ha cambiato l’incontro: se io non avessi fatto waza-ari cosa avrebbero fatto? Un conto è darmi un punto contro all’inizio del match, quando posso recuperare, un conto è farlo alla fine quando non c’è più tempo. Non riesco a trovare qualcosa di positivo in questa Olimpiade. La partecipazione non mi interessava. Sono una che poteva vincere».
Rabbia e dispiacere prevalgono: «Ho lottato contro tutto fino a prima della gara, ma una volta scesa a pieni nudi sul tatami pensavo che potesse essere la giornata giusta. Quello con la croata Matic era un combattimento ostico, sulla carta il più difficile. Ho dato tutto». Da oggi la bresciana penserà al prossimo impegno: «Ho bisogno di avere un po’ di tempo per stare da sola. Al villaggio mi trovo bene. Peccato per non essere riuscita a partecipare alla cerimonia d’apertura, perché il giorno dell’inaugurazione ho avuto un po’ di problemi alla schiena. Ho sentito tutti gli amici e i familiari, che mi sono stati tanti vicini. Mi dispiace che al mio ritorno non potrò portare a Brescia quello che avrebbero voluto vedere». Tra i tanti, anche lo storico maestro Fabio Capelletti: «Mi ha detto solo di divertirmi». Un pensiero che la Bellandi dovrà avere nella prova a squadre.
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