Scariolo: «Il PalaLeonessa rimane casa, anche da avversario»

Un viaggio infinito, lungo quarant’anni, costellato di trionfi incredibili in tutto il mondo. Ci vorrebbe un’enciclopedia per raccontare il palmares di coach Sergio Scariolo. La notizia più bella, però riguarda la sua vita, la sua terra e le sue origini che quest’anno (seppur da avversario) ritroverà da allenatore della Virtus Bologna scudettata. Quel «ciambellone» che è stato di fatto il suo trampolino di lancio, che l’ha proiettato a vincere tutto, più di tutti.
Da via Caprera all’Air Canada Center di Toronto dove è stato protagonista del titolo Nba con i suoi Raptors. Scariolo però ha la memoria molto lunga e non dimentica dove tutto iniziò, e lo è altrettanto per ritrovare la sua adorata Brescia nel basket che conta. «Sono molto grato alla società Pallacanestro Brescia, a Mauro Ferrari e ai suoi soci. Gente che investe forze economiche merita tanta gratitudine da parte mia. Voglio inoltre approfittarne per salutare un caro amico, Enrico Zampedri che fa parte della dirigenza».
Parole d’affetto per Brescia, che lei ha sempre avuto nel cuore, fin dagli inizi, rigorosamente in giacca e cravatta.
«In quegli anni ho ’subìto’ quella che poi è stata una benedizione, conoscere Riccardo Sales, e l’educazione che mi è stata trasmessa dalla mia famiglia. Il role model dell’attività che stavo intraprendendo era quello di una persona corretta e formale, mi hanno insegnato che il rispetto di quello che stavo facendo passava per un certo decoro».
Centinaia gli aneddoti e le leggende che circolano ancora oggi, ad iniziare dalla mitica Fiat 127 bianca.
«Spesso non mi ingranava la retromarcia, mi facevo aiutare dai miei giocatori per riuscire a parcheggiare spingendola. Passai poi ad una Matra Simca Bagheera (sportivissima) che distrussi tornando da Tavernole sul Mella, cosi come la 124 sport coupè di ritorno da Nave. L’inizio della mia carriera da automobilista è stato un po’ infausto a causa del piede pesante, fortunatamente ne sono uscito sempre illeso».
Tornando alla pallacanestro, per lei l’Eib è qualcosa di più di un palasport.
«Era per me una sorta di mito, ero prima di tutto un grande tifoso della Rondine e della Pinti. Mi sono formato nella Pejo, lì ho avuto la possibilità di farmi notare dal Barone».
La leggenda narra che i ragazzi non potevano studiare ed ascoltare musica durante le trasferte, eccezion fatta per quella classica.
«Ho sentito molte leggende su di me, queste è una di quelle. Oggi in Nba ognuno ha le sue cuffiette a differenza della Nazionale spagnola la si ascolta a tutto volume, ma di certo non quella classica».
Tra le vittorie indimenticabili dei suoi ragazzi c’è quella contro la Billy Milano di Riccardo Pittis.
«Ricordo benissimo quella partita, cosi come tutti i ragazzi che ho allenato. Nessun preferito, la punta di diamante è stato Vicenzo Cavazzana. Ho una sensazione di gratitudine ed un bel ricordo di tutti, ne sento ancora parecchi ,ma nessun ranking».
Quando c’è stata occasione, lei non ha mai fatto mancare la sua vicinanza a Brescia.
«Nonostante gli impegni sono riuscito a trovare il tempo per andare a vedere, da semplice tifoso la squadra. Sono molto grato a quello che hanno fatto Graziella Bragaglio e Matteo Bonetti per la mia città. Riuscii ad assistere anche ad un allenamento e fui colpito dal metodo di lavoro di Andrea Diana che adesso ho portato con me alla Virtus. Cosi come sono rimasto molto in contatto con Enzo Esposito che è anche stato mio giocatore».
Ora è arrivato il momento di rimettere piede nel «Ciambellone», anche se oggi è molto più moderno.
«Non sono un uomo di alti e bassi emotivi, ne ho viste molte nella mia carriera, il mio concetto è «never too high, never too low» come dicono… È chiaro però che dentro ci sono emozioni diverse, il PalaLeonessa l’ho visto solo da fuori e credo che questa volta quando entrerò sentirò qualcosa di molto speciale. Il lavoro di Bonetti e Bragaglio ha creato i presupposti per le idee ambiziose di Ferrari, per aprire una tappa importante nel campionato italiano. Li vedrò con molto piacere. Purtroppo sarò avversario ed è una delle ultime cose che avrei pensato potesse succedere, ma ci sta anche questo».
Il legame con Brescia quindi resta indissolubile.
«Da sempre mi sento bresciano, li ho ancora gli amici di una vita e per tutta la vita, è il posto dove mi piace tornare per sentirmi a casa. Ricordi belli e sereni, dentro e fuori dal campo. Brescia è casa, la mia mamma e mia sorella».
Dietro quel mito c’è ancora quel «gnaro» che ha scritto la storia della sua città nel mondo: Sergio Scariolo.
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