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Rugby, l’arbitra Beatrice Smussi: «L’esordio un’emozione, mi piace gestire le situazioni»

La 27enne bresciana ha esordito nella serie A maschile nell’incontro tra Amatori Union e Calvisano
Beatrice Smussi - © www.giornaledibrescia.it
Beatrice Smussi - © www.giornaledibrescia.it
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L’esordio nella serie A maschile di rugby Beatrice Smussi, 27 anni, arbitra di rugby, l’aveva sognato e aspettato a lungo. Credeva onestamente di esserselo meritato già nella scorsa stagione sportiva, alla fine della quale era restato un po’ di amaro per la mancata designazione nella categoria superiore. Ora fa parte del quartetto di arbitre presenti tra campionato Elite e serie A.

«Poi quest’estate sono stata operata al menisco – racconta – e, dopo il recupero, nella prima parte del campionato avevo diretto soltanto partite dei tornei femminili. Diciamo quindi che il debutto, domenica scorsa, a Milano, per l’incontro tra Amatori Union e Calvisano è arrivato forse nel momento in cui meno l’aspettavo, anche se la settimana prima avevo arbitrato Villorba-Colorno, partita di cartello della serie A femminile. La designazione è stata un po’ una sorpresa, ovviamente una bella emozione».

Una ragazza giovane, in mezzo a trenta energumeni: da fuori l’osservatore occasionale a voi arbitre del rugby vi vede così.

«Diciamo che l’aspetto nuovo, rispetto alle mie esperienze passate, quello con cui ho dovuto fare maggiormente i conti a Milano è stato la velocità del gioco, che a livello maschile è superiore, ovviamente, a quella delle partite femminili. Devo ammettere che in certi momenti mi sono trovata un po’ a rincorrere le azioni. Questione di abitudine, più che altro. Matteo Liperini, responsabile degli arbitri per la serie A, mi aveva avvertito che quella della velocità sarebbe stata la sfida maggiore».

Però è andata bene, alla fine sono arrivati i complimenti da parte di entrambe le squadre.

«Sono stata fortunata a esordire in un match in cui tutti avevano vogliano di giocare. Non ho dovuto tirare fuori nessun cartellino, non c’era volontà di affossare il gioco. Sì è vero, alla fine tanti mi hanno fatto i complimenti. Un segno di rispetto, ma anche una dimostrazione, chiamiamola, di affetto: sapevano che ero al debutto e hanno voluto manifestarmi il loro apprezzamento”.

Anche papà Gianluigi, lui pure con un passato di arbitro di serie A, le ha detto brava?

«Non si è sbilanciato molto, non è il tipo. Mi ha detto: è andata bene, poi la riguardiamo a video insieme».

Già, per voi arbitri la revisione del match, a volte, è addirittura più severa che per i giocatori…

«Sto con un ragazzo (Alberto Favaro, ndr) che arbitra in serie A Elite e fa l’assistente a livello internazionale, lo scorso week end era a Perpignan per Usap-Newcastle Falcons di Challenge Cup. All’inizio la revisione la facevamo insieme e lui, essendo di categoria più alta, nei giudizi era molto severo. Immaginatevi le litigate…».

Papà arbitro, fidanzato idem, l’arbitraggio è una malattia di famiglia?

«Se è per questo c’è anche mio fratello Federico, del 2001, che arbitra in serie C. Io non ho giocato a rugby, ma a casa ne ho sempre respirato l’aria. Alla fine anch’io ho voluto provare ad arbitrare».

Perché?

«Mi piace mettermi in gioco nella gestione delle situazioni complesse. Sono laureata in ingegneria gestionale, forse arbitrare è un prolungamento della mia attività professionale. Lavoro in un’azienda di Chiari, dare ordine ai processi è la mia materia».

Si diverte?

«Ammetto che questo esordio in una categoria superiore mi ha dato una bella carica di entusiasmo. Spero di avere altre occasioni perché solo arbitrando a quel livello ti abitui ai ritmi e alla velocità del gioco».

I giocatori provano ad approfittare del fatto che lei è donna, per metterla in difficoltà?

«I giocatori cercano sempre di vedere quali sono i limiti, fin dove possono arrivare e questo accade indipendentemente dal fatto che a fischiare sia un uomo o una donna. Bisogna solo mettere subito le cose in chiaro».

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