Rugby, il bresciano Matteo Rosi nel vivaio del Tolosa

Da Fiumicello a Tolosa, passando per l’Accademia federale, con la forza dei sogni e il coraggio dei timidi. Matteo Rosi, bresciano, seconda linea classe 2008, due metri d’altezza per 105 chili di determinazione, ha appena ricevuto la chiamata che può cambiare la sua vita: entrerà negli «espoirs» (le speranze del vivaio) dello Stade Toulousain, uno dei club più blasonati del mondo del rugby. Una notizia accolta con emozione e un pizzico di incredulità, anche da lui.
La storia
«Il provino in Francia, attorno a Pasqua, l’avevo fatto senza troppe speranze – racconta Matteo –. E invece è andata. È un’ansia positiva, che spinge a mettersi in gioco e a non tirarsi indietro». Tutto era cominciato per caso, o per necessità, a Fiumicello, quando aveva appena 5 anni. «Ero un bambino timido e chiuso. Il rugby mi ha aiutato ad aprirmi. È nato così, per un bisogno personale. Poi sono rimasto per gli amici, per l’ambiente, per ciò che mi ha fatto crescere». Una crescita fatta anche di modelli familiari: il fratello più grande, che ha giocato a Desenzano e a Milano; l’amico dell’asilo che gli ha fatto conoscere il gioco; gli allenatori del vivaio bresciano, che lo hanno accompagnato fino all’Accademia federale, oggi Centro formazione permanente Fir di Milano.
Il passaggio
«Il passaggio non è stato facile: ero 10 chili sotto il mio peso attuale e mi sentivo indietro rispetto agli altri. Ma poi ho costruito rapporti bellissimi e mi sono divertito tantissimo». Dallo Stade Toulousain era già stato notato due anni fa durante un camp in terra francese. Ma è stato in questi ultimi mesi che la chiamata si è concretizzata. La sua avventura partirà a settembre. Avrà due anni per dimostrare il suo valore, respirando il professionismo in uno dei centri nevralgici del rugby mondiale. Ma Matteo non dimentica da dove viene: «Da Fiumicello porto il rispetto, il senso del gioco di squadra, la mentalità che mi ha formato. È la stessa che voglio portare in Francia». Il cuore, però, resta saldo. «I miei idoli veri sono la mia famiglia, mio fratello e i miei genitori, che mi hanno sempre stimolato e supportato. Tra i giocatori, Capuozzo è il mio riferimento: per la mentalità e l’aggressività che ci mette ogni volta che tocca il pallone».
I sogni
Sogni? Ne ha tanti, ma coi piedi per terra. «Ora penso a luglio e agosto, alle prime convocazioni nazionali con l’U18. Sarebbe già un sogno. Poi voglio restare allo Stade, crescere e magari un giorno tornare a Fiumicello, per allenare e dirigere. Per restituire tutto quello che ho ricevuto».
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