Pressioni e scelte degli arbitri, l’incontro a Brescia

«In un mondo in cui la maggior parte delle persone spesso evita di prendere decisioni, gli arbitri, di qualunque sport, sono tra quelli che devono decidere. Per di più in modo rapido. Un arbitro di basket è chiamato a prendere 8/900 decisioni a partita. In una carriera, fate il conto, sono milioni». Luigi Lamonica, sessant’anni, la gran parte dei quali vissuti sui campi di basket, ha arbitrato alle Olimpiadi di Pechino e di Londra, ai Mondiali, dove diresse la finale del 2010 tra Turchia e Stati Uniti, agli Europei e in Eurolega, dove ha chiuso la carriera con la finale del 2022 (Real Madrid-Anadolu Efes).
Non è un caso che il libro che ha pubblicato nel 2011 si chiami «Decidere. Fischi e fiaschi olimpici, mondiali ed europei di un arbitro di basket». Con lui, oggi alle 19, all’auditorio Btl di via Sostegno 58, a discutere di «Pressione e scelte. L’arte di decidere nei momenti cruciali», ci sarà un altro arbitro internazionale, Andrea Piardi, che sabato a Twickenham ha diretto Sudafrica-Argentina, ultima partita del Rugby Championship 2025. Un arbitro di basket e uno di rugby. Denominatore comune la capacità di prendere rapidamente decisioni sotto gli occhi del mondo intero.

Lo scorso 26 luglio, Piardi davanti ai 90.307 spettatori del Melbourne Cricket Ground, all’80’ minuto, ha dovuto decidere se la meta del sorpasso dei British & Irish Lions sull’Australia era regolare. Un sì sarebbe stato per sempre: i Lions con quella meta si sarebbero aggiudicati la partita e la serie, avendo vinto anche il match precedente, disputato sette giorni prima a Brisbane. Un no, avrebbe rimandato tutto alla «bella» della settimana successiva.
«Per me la decisione in quel caso è stata facile – dice Piardi a distanza di un paio di mesi –, abbiamo rivisto le immagini, io, l’arbitro addetto alla moviola (TMO) e i miei due assistenti, ci siamo confrontati e abbiamo ritenuto che l’azione fosse corretta. In quel caso c’è solo una regola: attenersi ai fatti, guardare quello che è successo con occhio neutrale, senza preconcetti o pregiudizi. Se fai così, difficilmente sbagli». E i novantamila che vociavano, mente voi riguardavate le immagini sullo schermo gigante dello stadio? «In quei momenti sai che ci sono, ma non li senti, sei concentrato sulle immagini, non ti condizionano».
Ricordi
Lamonica si trovò in una situazione simile a febbraio del 2010, al Pionir di Belgrado, dove Partizan e Barcellona si giocavano l’accesso alle final four di Eurolega. La vittoria dei serbi avrebbe significato l’eliminazione dei blaugrana che sotto di un punto tirarono a canestro sulla sirena. La palla colpì il ferro e un giocatore del Partizan la spazzò via: senza quell’intervento, irregolare perché avvenuto a tempo scaduto, la palla sarebbe entrata?
«Il Pionir era una bolgia – ricorda Lamonica –, teneva settemila persone, ce ne saranno state dodici mila. Decisi di assumermi una responsabilità irrituale: rivedere la immagini al video, una prassi non prevista dal regolamento. Mi sembrò di aver deciso in un attimo, impiegai 12’: non c’era possibilità di assegnare il canestro. Il capitano del Barcellona mi disse che mi ero fatto condizionare dal pubblico. Gli risposi che se così fosse stato, il giorno dopo avrei smesso di arbitrare. Con che faccia avrei potuto presentarmi in un palazzetto, con la reputazione che i tifosi determinavano le mie decisioni?».
Decidere: con una differenza sostanziale rispetto all’atleta che ha nelle mani, o sul piede, il colpo decisivo, Piardi: «Loro vincono o perdono, per noi non cambia niente». Lamonica: «Non è proprio vero, a noi se la decisione era sbagliata ci massacrano e, se va tutto bene, nella migliore delle ipotesi, ci ignorano...».
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