«Maxischermi e passione: quanta attesa anche qui in Austria»

C’è un filo conduttore piuttosto lungo che lega calcisticamente Italia e Austria. Una storia ben rappresentata nel libro «Una casacca di seta blu» uscito un anno fa (edizioni Mondadori) e scritto da Paolo Frusca. Bresciano doc della Valtrompia, ma da anni «adottato» da Vienna, che è diventata di fatto la sua casa. Nel romanzo che racconta la storia di Bela Guttmann, «l’allenatore illusionista» dalle tante vittorie e dalle mille avventure personali, le sfide tra Italia e Austria sono il palcoscenico su cui si sviluppa tutta la storia. C’è quella dei Mondiali ’78 vinta 1-0 col gol di Rossi; c’è la semifinale sempre del Mondiale, ma quello italiano del ’34, conquistata con lo stesso risultato grazie alla rete di Guaita (sconfitta che gli austriaci mai digerirono, convinti che il regime di Mussolini influenzò la partita); è citata infine la finale delle Olimpiadi del ’36, ancora tinta dal colore azzurro (2-1). «Questo dimostra che non è mai stata una sfida banale», sottolinea Frusca.
Lo dice infatti la storia, perché alle gare citate va aggiunta quella del 31 ottobre 1970: stavolta si gioca al Prater di Vienna, 90 minuti validi per le qualificazioni europee. A un quarto d’ora dalla fine Hof entra su Gigi Riva fresco di scudetto col Cagliari e gli spezza la gamba, segnandone di fatto la carriera. La Nazionale vince anche in questo caso (2-1), ma tutto passa in secondo piano.Domani a Wembley si scrive un nuovo capitolo della storia «e vi posso assicurare che anche a Vienna l’attesa è parecchia - conferma Frusca -. Ci sono maxischermi, bar e ristoranti si sono attrezzati: l’Italia è considerata favorita, ma in fondo qui sperano che le sorprese dopo il passaggio agli ottavi non siano ancora terminate». Frusca, che Vienna la vive per lavoro e per «famiglia», sottolinea però come la nostra Nazionale stia ottenendo consensi. «I commentatori calcistici, così come i tifosi, sono rimasti sorpresi dal gioco di Mancini. Piace questa Italia, piace il modo che ha di approcciare le partite e di gestire la palla. Basti pensare che noi siamo chiamati "Itaka" in Austria e in questi Europei qualcuno in tv ha usato l’espressione "tiki taka Itaka", avvicinadoci al gioco di Guardiola».

«Bisogna poi sfatare un mito - prosegue Frusca - ovvero che gli italiani siano poco amati. C’è una grande fascia di viennesi, ad esempio, che adora mangiare e bere italiano, o la nostra moda, o le nostre auto. Si parla di "Italofile", cioè amore per il nostro mondo. Vale anche a livello calcistico: soprattutto in questo periodo, molti bambini al parco giocano a pallone con la maglia azzurra o indossando quelle dei nostri club più blasonati». Ora però anche Baumgartner, Alaba, Arnautovic stanno entrando nell’immaginario dei tifosi austriaci. «Sono i giocatori di riferimento, quelli a cui si affidano per provare a battere domani l’Italia - conclude Frusca -. Io ovviamente sarò davanti allo schermo a tifare Italia, ma vedrò la partita a casa di amici viennesi. Sarà divertente, spero di avere il sorriso anche al fischio finale».
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