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La Centomiglia tra innovazioni e passato

In occasione della 72ª edizione la gara sarà divisa in due giorni, tra domani e domenica: oggi partono i baby
Prove di regata del Cat M32 sul Garda nei giorni scorsi
Prove di regata del Cat M32 sul Garda nei giorni scorsi
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Si parte questo pomeriggio alle 14 con i giovani in gara nell’anteprima della 72ª Centomiglia, in ricordo dell’8 settembre 1951. Sulle acque lacustri allora si volava con Airone, la barca del nobile veronese Umberto Peretti Colò di Bardolino, che dopo 20 ore di navigazione tagliava il traguardo del giro del lago per la prima volta. Così come oggi sarà la prima Cento Junior. Nel 1967 invece toccava alla prima edizione del Trofeo Gorla. Il testimone passava di padre in figlio: da Umberto a Zeno Colò, ma sempre su una barca olimpica visto che dal 6 metri si navigò sul 5.50 Voloira, barca azzurra alle Olimpiadi di Roma ’60. 

La seconda edizione

Due scafi dei Giochi velici per arrivare alla seconda edizione della Cento, vinta dai tedeschi di Manjana, arrivati dalla Baviera. L’appuntamento lacustre ottiene il blasone di sfida internazionale. Una vera consacrazione. I velisti bavaresi conquistarono tutto il podio. Primo fu un 30 metri quadri dallo Starnberg, lago di Monaco. A bordo di Manjana c’era un equipaggio tutto della famiglia Adolff, con papà Peter, i figli Martin (il timoniere a soli 19 anni) e Jurgen. Girarono il Benaco in 16 ore, 19 minuti, 28 secondi. Seconda e terza furono le Rennjollen del Chiemsee, altro lago del Sud della Germania. La flotta era quella dei «30 metri quadrati». Una classe nata in Svezia verso la fine del 1800, ma che vanta ancora oggi una flotta di 260 unità, una delle quali nello scenario del Benaco. È una «formula» con vari parametri: lunghezza (sui 10 metri), larghezza, peso, superficie delle vele, sulla quale si sono cimentati grandi nomi dello yachting come il danese Henry Rasmussens (il progettista di Manjana), gli statunitensi Francis Herreshoff e Manfred Curry

Manfred Curry, il medico delle vele

Quest’ultimo, che tutti credevano tedesco, in verità era solo nato in Germania (padre americano, madre russa). Per gli Usa era stato addirittura atleta olimpico ad Amsterdam nel 1928. Curry, di professione medico, fu un vero inventore. Tra le più interessanti idee ci sono lo strozzascotte per la deriva, la console di tutti i comandi delle drizze dell’albero e un alettone che sporgeva dal timone della sua Rennjollen, la Aero II. Per qualcuno era un vero freno, in verità era un’ala che allungava, in poppa, il galleggiamento, favorendo velocità ed assetto. Curry fu poi legato ad un grande della scienza: Albert Einstein.

Prima di emigrare negli Stati Uniti navigò per anni sul lago di Berlino con una Jollenkreuzer, versione cabinata delle Rennjollen. Fu Curry a trasmettere la passione velica ad Einstein, dissertando sullo studio e la spiegazione scientifica dei flussi d’aria sulle vele. Già allora erano considerate ali, capaci di generare velocità. Curry si inventò il fiocco Genoa, così chiamato perché esordì nelle regate di Genova. Influenzò lo studio delle vele tradizionali realizzando rande tutte steccate, ispirate alle modalità dell’India e delle giunche cinesi.

Finita la Guerra, Einstein e Curry volevano incontrarsi. E l’occasione era in Italia. Doveva essere la nuova edizione della Centomiglia, dove le barche tedesche avevano iniziato a scrivere leggende. Ma nel febbraio del 1953 Curry morì, mentre le imbarcazioni di Starnberg e del Chiensee iniziarono la sfida infinita con gli armi marini dello Yacht club italiano di Genova e della Marina Militare. 

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