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Il calcio tra volere e potere

Quando tra un verbo e una congiunzione la differenza non è solo grammaticale
Claudio Lotito - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
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Volere è potere. Volere e potere. Quando tra un verbo e una congiunzione la differenza non è solo grammaticale: dentro, ci passa un mondo. Quello del calcio. Che si divide tra «ripartisti» idealmente capeggiati dal presidente della Lazio Lotito, e i «fermisti» il cui capo popolo è il presidente del Brescia Cellino

Il dibattito feroce (e poco edificante) è nel vivissimo e strada facendo arruola sempre nuovi attori: guest star sono fin qui stati Fifa, Uefa e Coni. Ognuno col proprio pezzo di potere da esibire per spingere di qui o di là mentre l’occhio di bue è sul presidente della Figc Gravina la cui carica è a sua volta un’espressione di giochi di potere: gli unici che in un Paese in lockdown non si fermano mai.

Volere è potere. E volere che il calcio riparta è legittimo: perché il calcio che è specchio della società non dovrebbe accompagnare la stessa nella sua ripartenza? Ma è sul fatto che si possa che si addensano i dubbi, dovendosi addentrare in una selva di protocolli da osservare per la sicurezza delle squadre e che, quand’anche si trovasse il modo di applicare, tra complicazioni logistiche e costi di realizzazione, si infrangerebbero al primo fischio d’inizio dato che il calcio altro non è che uno sport di contatto e la prima regola anti-Covid non è proprio evitarlo il contatto? Non suona già strano, per non dire un pelo ipocrita così? E usciamo da un’altra ipocrisia: non si parla di far ripartire il calcio, ma di riaccendere la serie A, ovvero il centro del potere di un sistema in cui B e C sono niente più che bordi di periferia. Volere è potere: ma si fa presto a trasformare un verbo in una congiunzione. Ritrovandosi a parlare solo e soltanto di interessi. Economici, ovvio.

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