Ghirardi: «Cellino è un amico vero e se vuole lo aiuto»

Nella sua villa di Carpenedolo, a pochi passi da La Leonessa, l’azienda di famiglia, è un Tommaso Ghirardi rilassato quello che ci accoglie con la premessa che «non si parla di Parma, anche se tengo a ribadire che sulla vicenda (il club è fallito, dopo che lui l’aveva ceduto, ndr) non ho subìto alcuna condanna e sono in attesa che la giustizia faccia il suo corso confidando di avere la possibilità di far valere le mie ragioni».
Non è quello il motivo della chiacchierata, vogliamo però capire come mai l’ex patron dei ducali e del Carpenedolo la scorsa settimana era in Club House alla presentazione di Massimo Cellino, con il quale ha poi seguito l’amichevole al San Filippo con l’Orsa Cortefranca.
«Venerdì - inizia a raccontarci Ghirardi - è stata una giornata molto bella, ho riassaporato per un giorno un clima calcistico di grande positività. E tutto questo grazie al fatto che un mio amico vero (Cellino chiama Tommaso Ghirardi «fratellino», ndr) ha acquistato la squadra della mia città, della quale sono tifoso e alla quale sono stato abbonato 10 anni: adoravo il Brescia di Sabau, Hagi e Raducioiu, ogni domenica andavo allo stadio con mio padre».
Quando ci fu il primo contatto con Cellino? «Nel 2007, quando presi il Parma. All’inizio furono Moratti e Galliani a dirmi di dar loro del tu in Lega, Massimo mi teneva a distanza. Ma un giorno ricevetti la chiamata di Cellino. Entrambi volevamo Marchetti, portiere dell’AlbinoLeffe. Mi disse che non era il caso di farci la guerra facendo alzare il prezzo e iniziammo a collaborare: Parma e Cagliari erano due società amiche. Massimo Cellino è una persona di grande intelligenza: vulcanico, imprevedibile, ma che sa come guadagnare con il calcio. Delega pochissimo, ma sa sempre mantenere la parola data. E soprattutto non perde mai la lucidità, grande dote».
Possibile vedere Cellino e Ghirardi insieme per un grande Brescia? «Sono rispettoso delle indagini in corso e finché non sarà fatta luce su una vicenda che ha fatto soffrire la città di Parma e i suoi tifosi, è giusto che io non torni a far calcio. Ma il calcio mi manca. Nessuno mi vieterà di venire a vedere il Brescia, di tifare, anzi vi anticipo già che il 2 settembre sarò al Rigamonti per la partita con il Palermo. A Bonometti, del quale pure sono molto amico, e che mi chiese un consiglio, dissi che Cellino era l’uomo giusto a cui cedere.
Se Massimo mi chiederà di fargli conoscere imprenditori bresciani lo farò volentieri. La mia famiglia fa impresa da 50 anni, credo sia importante trasmettere a Cellino il senso di appartenenza di una città dalle grandi potenzialità come la nostra. Sono convinto si possa e si debba tornare a vivere certi momenti che Corioni ha saputo regalare. E coronare finalmente il sogno di Gino e dei bresciani, quello di uno stadio moderno».
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