Un anno senza Mazzone, ma sempre con Mazzone

Non c’è più da un anno esatto eppure c’è sempre perché quelli fatti così è come se semplicemente si facessero un po’ più là, senza davvero mai andare via: «La mancanza la sentiamo, ma quel che disse mia figlia Iole nel giorno del funerale è vero: papà non ha lasciato un vuoto perché ci ha lasciato tantissimi insegnamenti di vita da portare avanti».
Il 19 agosto del 2023, in un afoso pomeriggio nel quale il Brescia era impegnato in una amichevole, ci lasciava Carlo Mazzone e oggi, nelle parole del figlio Massimo c’è il riassunto perfetto di un’assenza che riesce comunque a essere presenza: «E oggi, nei tanti ricordi e aneddoti legati alla figura e alla carriera di papà, più che la tristezza c’è la dolcezza: sì, c’è una dolce malinconia e anche lo spazio per qualche sorriso». Un anno è passato: «Letteralmente volato» e la missione che l’unitissima famiglia del grande tecnico (ancora recordman di panchine - 792 - in serie A) si è data, è quella di fare che il ricordo del «Sor Carletto» non passi mai. E che, soprattutto, non passino mai di moda quei valori umani che Mazzone incarnava e che lo hanno reso un re di cuori per la gente comune che nell’allenatore, tra le altre, del Brescia più grande di tutti i tempi, si riconosceva vedendo in lui un paladino dell’onestà e della non accettazione della prepotenza dei «grandi».
Veri capisaldi della vita del tecnico che ora la famiglia, tra l’amatissima moglie Maria Pia, i figli Massimo e Sabrina e i nipoti, intende ricordare attraverso l’istituzione del «premio Mazzone» che per la prima edizione vedrà i riconoscimenti assegnati a due che del tecnico furono scudieri sul campo e allievi prediletti: Pep Guardiola e Claudio Ranieri. «Che sono stati calciatori di papà - dice il figlio Massimo - ma anche persone che nel tempo non si sono mai scordate di lui e che oltretutto hanno mietuto e mietono risultati eccezionali».
I dettagli del premio sono ancora allo studio, compresa la data della cerimonia che verrà fissata in base agli impegni di Guardiola e Ranieri: «E speriamo che nel tempo questo premio possa diventare un punto di riferimento importante per il calcio». Un calcio - aggiungiamo noi - che a livello di istituzioni pare essersi invece scordato in fretta - forse a riprova della distanza siderale tra Mazzone e la convenienza del far parte del sistema - della figura del tecnico e dell’impronta che ha lasciato forgiando campioni ai quali in qualche caso - vedi a esempio Andrea Pirlo - ha cambiato la carriera. Chiusa parentesi.

Per la famiglia c’è un solo tema aperto: «Quello di portare avanti l’eredità morale di papà, dei suoi infiniti insegnamenti. Il primo su tutti è sempre stato quello del "cercate di essere sempre persone perbene", come del resto è sempre stato lui e in quest’ultimo anno attraverso i tanti ricordi e le tante testimonianze che abbiamo ricevuto, di questo abbiamo trovato solo conferme. Vale anche per gli attestati da Brescia, una piazza che ha amato tantissimo e nella quale lui si era calato perché "io alleno una squadra e la sua città". Per lui il Brescia è stato qualcosa di speciale e di conseguenza continua a esserlo per noi. I suoi amici come ad esempio Edoardo Piovani sono diventati nostri amici e avevamo apprezzato tantissimo anche la vicinanza di Massimo Cellino che venne al funerale. Sono cose che non si dimenticano». E nessuno dimentica Carlo Mazzone. Che non c’è più. Ma c’è sempre.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@Sport
Calcio, basket, pallavolo, rugby, pallanuoto e tanto altro... Storie di sport, di sfide, di tifo. Biancoblù e non solo.
