Brescia, prima volta nei play out: è l’ora più buia

Non lasciate ogni speranza voi che entrate. Perché la speranza è l’ultima a morire, perché non è finita fino a che non è finita e perché il calcio è tutto fuorché scienza. Però è sempre più dura provare a riempire di significato le frasi cult del manuale del calcio e quelle motivazionali. È sempre più dura se il Brescia perde esattamente tutte le gare che merita di perdere, se non vince quelle nelle quali dovrebbe spingere fino al limite per vincere e se non riesce a pareggiare le partite in cui meriterebbe almeno quello.
Il sorpasso
Proprio come è accaduto con il Frosinone che ha messo la freccia e in classifica ha superato proprio le rondinelle che per la prima volta in stagione sono nei play out: e può anche andare peggio dopo Pisa-Mantova. La situazione è gravissima: la retrocessione non è mai stata più vicina di così. Mancano 8 partite, in palio 24 punti, ma i numeri sono sempre più impietosi: 2 partite vinte nelle ultime 23 gare. Un punto fatto in due gare in cui la tabella di marcia ne chiedeva almeno 4. Morale sotto terra. Dove ci si gira ci si gira, sono sberle che volano sulla faccia del Brescia che ieri ha perso patendo l’unica arma che il Frosinone aveva: consisteva nel far male sugli esterni e con gli esterni utilizzati a piedi invertiti. Eroi dello «Stirpe», Kvernadze e Ghedjemis autori di due gol in fotocopia al 16’ del primo e del secondo tempo. Il georgiano col destro, il francese con il sinistro, finalizzando due ripartenze, hanno messo palla nell’angolino dopo aver lasciato sul posto negli uno contro uno rispettivamente Calvani (in totale involuzione) e Jallow. Solo così avrebbe potuto vincerla un Frosinone – estremizzando: due tiri, due gol – per il resto globalmente poca cosa: nell’insieme meglio il Brescia.
L’analisi
Proprio perché il canovaccio dei ciociari era prevedibile e quindi non può non essere stato studiato, imperdonabili – al netto della bellezza delle prodezze dei due giocatori di casa – gli errori dei singoli. Imperdonabile non aver imparato dal primo gol che avrebbe dovuto suggerire contromisure. Imperdonabili – mixati anche a sfortuna come la quasi fortuita deviazione al 93’ della volée diretta in porta di Corrado – anche i tanti errori sotto porta. Scorrono in testa – citandole in ordine sparso – le immagini delle tre opportunità avute da un buonissimo Bjarnason (che ha agito da mezz’ala-vertice alto), la già citata chance di Corrado agli sgoccioli, il colpo di testa di D’Andrea e una botta di Moncini (che però nella circostanza è stato egoista) subito dopo il gol ritrovato al 42’ del primo tempo e che era valso il momentaneo pareggio. Un gol, su assist di Bisoli in combinata con Borrelli, a finalizzare un’azione molto bella, da Brescia dei (pochi) tempi belli di questa stagione: con 5 giocatori in area ad attaccare.
Paura
L’1-1 – dopo un inizio incoraggiante, al quale è seguito un quarto d’ora post svantaggio da paura e baricentro basso per poi virare su una fase finale di frazione in grossa crescita – era stato molto meritato. Bene l’impatto con la ripresa, ma dopo aver subito la botta del 2-1, come d’abitudine il Brescia è stato fagocitato dalle proprie paure. E non è più riuscito ad attaccante come sarebbe servito. Nemmeno quando dal 26’, Maran ha ridisegnato la squadra facendola passare dal 3-5-2/3-4-1-2 (4-4-2 senza palla) a un 4-2-4 tutt’avanti. Ma con timore. E col rischio di subire in contropiede (ci ha messo due volte una pezza Lezzerini) il colpo del ko. Solo negli ultimi 3-4’ il Brescia è riuscito a trovare le forze per attuare un vero forcing (e forse al quel punto sarebbe stato opportuno avere ancora in campo Borrelli, uscito dal campo arrabbiato) che per un pelo non ha portato al pari. Chi è causa del suo mal… E i mali del Brescia arrivano da lontano.
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