Poco gioco, troppa paura: il Brescia cerca soluzioni per rialzarsi

La buona notizia: il Brescia, che pure ha collezionato soltanto due vittorie nelle ultime otto uscite, è ancora nei play off. È rimasto settimo. La cattiva notizia: i play out sono distanti tre punti soltanto. Un’altra buona notizia: tra le rondinelle e il soffitto di cristallo, c’è un cuscinetto di sette squadre. Una situazione che dipinge il quadro di una serie B che in tema di equilibrio, ogni anno vuole superare se stessa. Ma se anche il torneo, a parte «quelle là» in cima, ha fatto scivolare via nella mediocrità le sue prime 14 giornate, non significa affatto che il passo lento generale sia destinato a restare tale.
A caccia di soluzioni
Ergo: raccontarsela in modo edulcorato perché tanto «così fan tutte», potrebbe rivelarsi esercizio pericoloso. Presto (perché ancora è presto) prima che sia tardi (e ancora non è per nulla tardi): a questo Brescia servono soluzioni, vie d’uscita. Serve una scossa, serve una svolta. E serve già trovarla sabato contro il Bari. Dentro una casa nella quale la squadra di Maran non trova e non prova una gioia vera da due mesi esatti, con la Cremonese.
E, più in generale, da allora – quindi in sette gare che sono seguite – il Brescia e la sua gente sono riusciti a godere solo a Genova. C’è questo macro dato – che comanda su qualsiasi altra statistica perché a un certo punto vincere diventa l’unica cosa che conta – e c’è il già illustrato quadro di una classifica solida eppure attaccabile. Dunque: la partita con i pugliesi è una di quelle in cui non si può pensare di derogare dai tre punti.
Alta pressione
E questa è una cattivissima notizia. Perché la mediocre prova contro la Juve Stabia, ha certificato che il Brescia soffre di «pressione alta». Dell’alta pressione, delle aspettative. Va tutto bene fino a che non c’è niente da perdere, ma quando l’orizzonte si rovescia e si è costretti a vestire i panni di chi conduce le danze, di chi è favorito, di chi «deve», allora è un problema. A Castellammare, all’improvviso – con l’espulsione di Varnier – Cistana e compagni sono diventati la squadra che doveva vincere. E il peso di questa responsabilità ha sgonfiato il giochino come un palloncino bucato. E quindi svuotato, proprio come è apparso il Brescia. Che è come se da carrozza che era stato capace di diventare dall’arrivo di Maran, si stia via via ri-trasformando in una zucca a forza di un segnale di involuzione dopo l’altro. Con la paura, la poca fiducia in se stessi, tornata a essere compagna di viaggio.
Poco carattere
A Castellammare, hanno colpito la pochezza caratteriale e il vuoto qualitativo. Insieme a un non gioco: perché il Brescia ha avuto come unico filone da seguire quello dei lanci lunghi. Non un inserimento delle mezze ali, non uno sfogo sulle fasce, non un elemento che possa saltare l’uomo, arma che può diventare decisiva contro un certo tipo di difese. E, di conseguenza, non una sola vera occasione nata nel contesto. È stato, ed è, da un po’ a questa parte, un Brescia estemporaneo. E insicuro: al punto che con la Juve Stabia, il Brescia forse ancora traumatizzato dal ko col Cosenza, ha preferito cercare di non perdere invece che provare a vincere. Ma così, non si può andare lontano né di tanto, né di poco.
Le assenze

Pesano, incidono e condizionano tantissimo – non ci stancheremo di scriverlo – le assenze pesantissime. Principalmente quella di Bisoli, unico in rosa con determinate doti di trascinatore. In Campania, per lo stesso motivo unitamente a esperienza e qualità, avrebbe fatto comodo Bjarnason. Ma si può essere aggrappati solo al capitano e a un uomo di 35 anni che solo tre settimane fa pareva aver imboccato il viale del tramonto? No che non si può. E qui allora pesano gli errori di valutazione del club su lunghezza della rosa e attitudini caratteriali che mancano: a livello di personalità, manca spessore. E questo è un limite oggettivo per le ambizioni della squadra: gennaio dovrà essere utile per cercare di inserire qualcosa in più da questo punto di vista.
Accendere la luce
Ma certo, i limiti oggettivi da soli non bastano a giustificare mollezza e mancanza di energia mentale: sintomi, o patologie, per curare i quali adesso solo una vittoria può servire. Ma senza trovare alternative, senza dare – vale per tutti, ovviamente anche per Maran – qualcosa di più e di diverso, sarà difficile arrivare alla cura di cui sopra. Primo passo: rinchiudere e incatenare i fantasmi della paura. Non è tutto buio e tutto nero: basta accendere una lucetta.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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