L’inspiegabile passo indietro del Brescia e i malumori di Cellino

Troppo, troppo brutto per essere vero. Che fine ha fatto la squadra che in nove mesi ha fatto reinnamorare di se lo zoccolo durissimo e ha iniziato ad avvicinare anche qualche tiepido? L’auspicio, la speranza e anche la convinzione è che quel Brescia, il «nostro» Brescia, si sia soltanto sadicamente divertito a giocare a nascondino e che possa tornare in tutta la propria coerenza, compattezza e logica già sabato, in occasione della trasfertaccia con il Südtirol.
Prova del fuoco
Siamo solo alla quarta, ma è chiaro che il viaggio a Bolzano assume già il valore di una prova del fuoco. Pena, una sosta di campionato turbolenta. E all’orizzonte compaiono anche i primi malumori di Massimo Cellino. Possibile che nel giro di una manciata di giorni, il vento sia tanto cambiato? Dare una risposta è difficile, forse impossibile. Così come spiegare come possa essere stato possibile sfornare una (non) prestazione come quella di Reggio Emilia.
Considerazioni

Nessuno se lo aspettava - pur in un campionato ancora inattendibile - un flop con tali modalità. Primo tra tutti l’allenatore che dietro al suo «non sono preoccupato» pronunciato a caldo in realtà nascondeva tutt’altro stato d’animo.
Della serie: quello che le parole non dicono. Non possono bastare due sconfitte consecutive a cancellare uno storico che racconta che questo gruppo, e prima di tutto questo tecnico, si sono guadagnati un credito importante. Questo è il presupposto. Però è preoccupante se «il Cittadella ci ha lasciato scorie». Insomma: se è bastato un ko molto cocente, però immeritato, del quale nessuno all’esterno aveva fatto un dramma a mandare in crisi un sistema e a generare il passo indietro di Reggio, qualche domanda è giusto farsela.
Già sabato in verità al di là della sfortuna c’erano stati segnali di non solito Brescia, ma nulla che potesse allarmare. Dunque? Perché, martedì, una squadra così poco tranquilla e a tratti confusa? Con un Maran a sua volta appannato nelle scelte e comunque ovviamente primo responsabile di come la squadra mentalmente si è presentata in campo.
Falsa partenza
Tra l’altro, una delle chiavi per poter puntare in alto - non potendo competere sul piano degli organici - era stata individuata nel vantaggio di poter partire con una squadra che già a metà luglio era fatta e che quindi aveva tutto per partire forte. E invece, già due sconfitte su tre e contro squadre che al massimo potranno ambire a una metà classifica e contro le quali sono stati segnati zero gol. Sono stati già bruciati due jolly.

La squadra non regge le aspettative? Maran propone concetti non supportabili, che la squadra non sa metabolizzare? E intanto, l’umore di Cellino è segnalato nerissimo: per il presidente, in verità già dal periodo delle amichevoli, pesa anche quello che secondo lui è un incaponimento dell’allenatore a utilizzare grosso modo sempre gli stessi giocatori senza mai mettere in discussione le gerarchie a dispetto del campo. Vorrebbe più audacia.
Di certo c’è che squadra e allenatore - che è il valore aggiunto, perché il meglio da questi giocatori l’ha estratto lui - sono un blocco: adesso va evitato, prima di tutto, che Maran entri nel frullatore e che l’uno per tutti, tutti per uno, torni a essere il marchio di fabbrica. Che nessuno, tra dirigenza e panchina, si incarti. Che nessuno perda la testa.
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