Calcio

La Pro Sesto sogna la B grazie all’opera del ds bresciano Botturi

«Chiuso con il Brescia cercavo una bella sfida: qui squadra costruita con la forza delle idee»
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Una grande dose di capacità lavorativa bresciana, un pizzico di fortuna che non fa mai male, tanto pragmatismo. «Il tutto condito con il salame di casa nostra, sapessi quanto ne ho portato nello spogliatoio...».

Il bresciano Christian Botturi sorride mentre con la Pro Sesto, della quale dall’estate è il direttore sportivo, guarda tutti dall’alto in un girone A di serie C nel quale le corazzate sono altre. Il Pordenone, il Vicenza. Anche la FeralpiSalò, dalla quale in estate sono arrivati Suagher e Corradi.

Personalità

«Due uomini veri, prima che bravi giocatori, e con questi stessi parametri, morali prima che tecnici, in estate ho scelto tutti. Anche l’allenatore, Matteo Andreoletti, del quale ho apprezzato le idee chiare».

In estate la Pro Sesto non godeva di grande considerazione...

«Il mio presidente, Albertini, il fratello di Demetrio, è rimasto stupito quando gli ho detto che accettavo l’incarico, perché venivo da una squadra come il Brescia. Eppure ero convinto che pur con i 450.000 euro di buget a disposizione sarei riuscito a salvare la squadra in serenità, l’obiettivo unico della dirigenza».

Ora sarà cambiato...

«No, nessun proposito particolare, nessuno pensa al botto. Però vogliamo fare i play off... Puntiamo invece sempre a valorizzare i giovani. Come Bruschi, capocannoniere del girone, che abbiamo preso dal Pisa ed ora è tutto della Pro Sesto. Oppure il portiere Botti, un 2002 di Ponte S. Marco che avevo lo scorso anno al Brescia».

A proposito: come mai è finita l’esperienza con le rondinelle?

«Il contratto era in scadenza e la proprietà ha deciso di non rinnovarlo. Però mi sarebbe piaciuto poter avere un colloquio con Cellino, che mi aveva voluto lì, prima di lasciare il club della mia città».

Quella di Sesto S. Giovanni è una sorta di rivincita?

«No, assolutamente. Cercavo una sfida di un certo peso, ho trovato l’ambiente giusto nel quale lavorare e sto cercando di portare le mie idee. Che non sono quelle dei direttori sportivi di una volta: ora il diesse deve adattarsi alle caratteristiche del club e non essere solo colui che compra i giocatori. Deve conoscere le persone e far crescere tutti. Per far sì, come mi piace dire, che la squadra diventi come un gruppo di formiche, che quando è organizzato può anche spostare un elefante. E se prende qualche scossone, sa ricompattarsi».

Per provare a smuore tutti gli elefanti del girone e sognare la B...

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