Da sosta a sosta: il Brescia tiene il passo, ma ora deve osare

In linea. Coerente con se stesso. Da sosta a sosta, di quattro gare in quattro gare, il Brescia ha sostanzialmente confermato se stesso. Migliorandosi per la verità di uno «zero virgola», ma nel complesso si può parlare di una conferma di passo. Furono 6 i punti incamerati tra Palermo, Cittadella, Reggiana e Bolzano. Sono 7 invece quelli messi insieme tra Frosinone, Pisa, Cremonese e Mantova.
Non sfugge a ogni modo che in termini di bottino il Brescia ha saputo far meglio nel segmento, il secondo, infarcito di big match. Non è un particolare di poco conto così come va annotato che tra le due mini porzioni di torneo, la squadra di Maran è cresciuta offensivamente passando (sempre ragionando sui due blocchi da quattro gare) da 3 a 9 gol segnati incassando invece un gol in più (da 4 a 5). Il tutto, per un quinto posto a -2 dalla seconda piazza, che fa dire che il Brescia – che per le zone alte battaglia con almeno 4-5 squadre nettamente più attrezzate – il suo lo sta facendo.
Valutazioni e aspettative
Però qui casca l’asino. Perché nelle valutazioni, tutto passa da quelle che sono le aspettative e da quello che è considerato l’obiettivo finale. A credere nella serie A (anche se «prima di tutto voglio arrivare alla salvezza» aveva detto in una intervista prima del Pisa) è Massimo Cellino. Tutti gli altri intorno considerano che il Brescia sia certamente una squadra molto competitiva per ambire ad «alti» play off, ma che per pensare alla serie A occorra far parte dell’immaginaria corrente del «visionaresimo».

Di certo «vogliamo essere qualcosa in più di normali» ha detto Rolando Maran prima della partita di Mantova che in dote ha lasciato il primo «controverso» pareggio della stagione. Proprio l’ultimo derby, forse è stato spartiacque. Fosse riuscito quel blitz che era stato a 8’ minuti dal poter essere confezionato, allora sì: le rondinelle sarebbero uscite dalla loro condizione di «normalità» mettendo a segno quello strappo del quale, se si vuole sognare in grandissimo, c’è bisogno. Per volere, bisogna volare. Con la missione rinviata alla terza tranche (quello che condurrà a una nuova sosta, per fortuna l’ultima fino a marzo) che proporrà stavolta 5 gare, quattro delle quali di alto livello. In ordine: Sassuolo, Cesena, Spezia, Samp e Cosenza.
I fatti
Fino a qui il Brescia ha appunto confermato se stesso, nei pregi e nelle potenzialità come nei difetti e nei limiti. Non è una scusante, ma va anche tenuto conto del fatto che c’è stato fin da subito da fare i conti con situazioni emergenziali che hanno o decimato reparti (particolarmente colpito l’attacco) o tolto dalla scena giocatori essenziali per ogni comparto di squadra. Nel complesso, possiamo comunque parlare di un insieme che al completo e nella miglior condizione psico fisica, nelle possibilità di poter viaggiare a mille, è molto più che competitivo. Però, basta poco per far saltare gli equilibri perché per contro la rosa è corta e, per uno Juric e un Nuamah (purché questi sia da pesare sul lungo periodo), il Brescia si ritrova alle prese con le involuzioni di Bjarnason e Bianchi, con un Paghera pure lui poco chiamato in causa, ma che quando lo è a ora denota qualche difficoltà e ora con un Bertagnoli che non ha ancora ritrovato se stesso.
Nuova missione
Chiaro che, auspicando che sia per tutti solo un momento, non si può rinunciare facilmente a pedine così sia per una questione numerica che di qualità. La seconda missione per Maran sarà dunque anche quella di cercare di rianimare, a seconda delle problematiche personali, i singoli meno performanti. In compenso, ci si gode il ritorno di Gennaro Borrelli, o «Borrellinho» perché certe gesta-prodezze nono sono da meno di quelle di esotici eroi pallonari.

E proprio Borrelli, si conferma ago della bilancia assoluto per il Brescia: con lui o senza di lui, in ballo ci sono metri di campo che la squadra acquista o perde, come accaduto sia con la Cremonese che con il Mantova. Certe caratteristiche le ha solo lui. Ma certe situazioni non si possono ridurre a un solo nome e, casomai, c’è da fare un generale discorso di equilibrio. Di continuità. Quello e quella che il Brescia non ha ancora trovato non tanto (o non solo) nei risultati (diciamo che all’appello, tra meriti e demeriti, mancano quel paio di punti che sarebbe stato possibile fare con Cittadella e Pisa), bensì nelle prestazioni.
Non sfugge che il Brescia in casa, pur tra metamorfosi che non sono mancate magari tra un tempo e l’altro, ha un volto più aggressivo e che fuori ha la tendenza a farsi maggiormente intimidire e che, più in generale, non ha forse ancora imparato a gestire bene le energie anche mentali: bisogna imparare a non farsi mangiare dalle emozioni. Per osare con i pensieri, bisognerà osare di più. E, in termini di pratici, occorrerà pensare almeno a come non perdere quando si merita di vincere, ma per qualche ragione non ci si riesce, oppure a vincere e a prendersi qualcosa in più quando invece ci si merita poco (come a Mantova). Insomma: il Brescia che promette, che un po’ mantiene, ma che può farlo anche di più.
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