Da Sodinha a Finazzi da Lima e Jonathas: «Pelé era il calcio»

Il re è morto, viva il re! Ma a differenza della frase idiomatica della monarchia francese che annunciava la morte del re e l’arrivo sul trono del suo successore, e quindi un annuncio che riguardava due persone e sottolineava la continuità della monarchia stessa, nel nostro caso il re è uno solo e difficilmente ne nascerà un altro di pari splendore. La corona, splendente più che mai, era sulla testa di Edson Arantes do Nascimento, per tutti Pelé.
Un vero e proprio punto di riferimento per intere generazioni di calciatori, anche di quelle che le sue gesta calcistiche le hanno intraviste solo in filmati dove spesso il colore lasciava il posto alla nostalgia e al fascino delle immagini in bianco e nero.
Emozione
Superfluo sottolineare come proprio nelle leve calcistiche brasiliane, il ricordo della «Perla nera» ha trovato il maggior risalto (nonostante tutto il mondo, da quello politico alla Nasa, gli stia tributando da giovedì sera parole e omaggi). Ma è in particolare sull’amarcord di alcuni giocatori che in passato hanno vestito la maglia del Brescia che ci siamo soffermati: frasi sui propri social, fotografie, tributi.
«Lui era, semplicemente, il calcio - afferma Sodinha, rondinella dal 2012 al 2015 -. Per tutti i brasiliani rappresentava l’arte pura, l’emozione di questo sport. E quando dico tutti, intendo davvero tutti: anche i bambini nati da poco parlano di Pelé come colui che ha inventato il calcio. Io stesso ho visto poco di quello che ha fatto sul campo, ma mio padre, grande tifoso del Santos, parlava sempre di lui, ogni giorno. E quei suoi racconti mi sono entrati dentro. Non credo che ne possa nascere un altro così. E poi, è inutile fare classifiche o paragoni su chi è stato il più forte di sempre: credo che Pelè, Maradona e Messi siano stati davvero i più grandi delle rispettive epoche».
Un ricordo che Felipe ha lasciato anche sul suo account Instagram, condividendo lo «stato» di Neymar: «Prima di Pelé - le parole - il 10 era solo un numero. Una bella frase, ma incompleta: prima di Pelé il calcio era solo una sport, lui l’ha trasformato in arte».
Istantanee
«In eterno il re del calcio - ha postato Francisco Lima (a Brescia dal gennaio 2007 al giugno del 2008) -. Ora e per sempre la mia ispirazione sul campo. Riposa in pace», pensiero corredato da una foro che lo ritrae esultante sulle spalle di un compagno.
Anche Jonathas (dal gennaio 2011 al giugno 2012) gli rende omaggio con un «Riposa in pace, re» ai piedi di un collage di sue foto dove risalta quella in cui bacia la Coppa Rimet, trofeo assegnato per il titolo di Campione del mondo tra il 1930 e il 1970. Hanno scelto un intenso primo piano di un Pelè recente, ma rigorosamente in bianco e nero, sia Felipe Curcio (dal gennaio 2018 al gennaio 2020) sia Romulo (2019-2020): un sorriso che non ha bisogno di parole.
«Pelé è un’icona del calcio - afferma Lucas Finazzi, con la V sul petto dal 2012 al 2014 -. Non l’ho vissuto direttamente come d’altronde quelli della mia epoca, ma il sogno di noi tutti era diventare come lui. È sempre stato l’ispirazione di chi in Brasile giocava o gioca a calcio». Già, il sogno di diventare un giorno re. Anzi, O Rei, appunto, la leggenda per cui tutto il mondo ha un pensiero, un ricordo, una lacrima.
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