Calcio

Comincia l'era Aglietti: «Nessun dubbio a dire sì al Brescia»

Conferenza di presentazione del neo-allenatore biancazzurro. Spazio anche ad un retroscena sulla «trattativa-lampo»
BRESCIA, ECCO AGLIETTI
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Si alza il velo sull’era Aglietti a Brescia. A introdurre la conferenza di presentazione del neo-allenatore biancazzurro è il diesse Perinetti: «La cosa che più abbiamo apprezzato è l'entusiasmo con il quale Alfredo ha accettato l'incarico: che possa essere foriero di una ripartenza positiva rispetto ad una situazione che è diventata sempre più critica».

Entusiasmo che si riflette nelle parole del toscano: «Non ho avuto alcun tipo di esitazione ad accettare l'offerta di Cellino – assicura -. L’unico aspetto che ha inciso è il blasone della piazza, non potevo dire di no». Spazio anche ad un retroscena su quella che l’ex Reggina definisce una «trattativa-lampo»: «Ho sentito il presidente per la prima volta due sere fa. I dettagli erano già praticamente definiti prima dell'incontro di ieri».

Il primo obiettivo è chiaro: risollevare un ambiente appiattito dagli ultimi risultati. Aglietti ha idee chiare a riguardo: «Mi dispiace che Brescia sia una piazza ferita – sottolinea -, da avversario ho sempre avvertito il peso dei tifosi. Mi auguro che già da lunedì il Rigamonti possa darci la mano che ci serve, invito la nostra gente a far sì che lo stadio sia una bolgia».

  • La presentazione di Alfredo Aglietti
    La presentazione di Alfredo Aglietti
  • La presentazione di Alfredo Aglietti
    La presentazione di Alfredo Aglietti
  • La presentazione di Alfredo Aglietti
    La presentazione di Alfredo Aglietti
  • La presentazione di Alfredo Aglietti
    La presentazione di Alfredo Aglietti

Parola d'ordine: flessibilità

La parola d’ordine, per Aglietti, è flessibilità: «Sono io che mi devo adattare ai giocatori che ho a disposizione. A livello tattico posso dire che questa squadra non ha esterni, e dunque devo comportarmi di conseguenza. So bene cosa non dobbiamo fare – prosegue -, ed inizio a intravedere quello che occorre fare». La chiosa è dedicata alla panchina corta voluta da Cellino e alle ingerenze del patròn: «Che i giocatori a disposizione siano diciannove o ventuno, i cambi restano cinque. E comunque questo è un brutto mestiere: ogni allenatore in carica dev'essere bravo ad ascoltare. Ovunque, non solo qui. Ma le scelte devono appartenergli, perché il “culo”, in fin dei conti, è il suo».

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