Colbrelli: «Ho scritto a Bove, se avrà bisogno io ci sono»

Molti si stanno chiedendo dopo domenica sera se Edoardo Bove tornerà a giocare a calcio dopo quanto gli è accaduto al minuto 17 di Fiorentina-Inter. Lui stesso, che ogni giorno fa progressi, vorrebbe esserci alla prossima di campionato. Non sarà così e forse non potrà nemmeno più far parte del calcio italiano, se gli accertamenti al cuore dei prossimi giorni stabiliranno che sarà necessario un defibrillatore. In tutto ciò però non deve sfuggire un particolare che piccolo non è affatto: rispetto ad altri, Bove può ricordare e raccontare quanto gli è accaduto.
Dell’episodio del Franchi e non solo si è parlato ieri all’interno del «Tg Preview» di Teletutto condotto da Fabio Gafforini, ospiti il chirurgo ortopedico Giacomo Stefani e l’ex ciclista ora direttore sportivo della Bahrain Sonny Colbrelli, che nel marzo del 2022 al Giro di Catalogna ha vissuto un episodio simile a quello di Bove (per lui è stato necessario il defibrillatore).
Al quale, come ha svelato ieri sera, ha scritto un messaggio. «Sono simpatizzante della Juventus ma seguo tante partite: domenica ero da Marco Frapporti (altro ex ciclista, ndr) che ha aperto un bar e con amici stavamo guardando Fiorentina-Inter. Nel vedere le immagini di Bove a terra mi si è gelato il sangue e ho rivissuto i miei attimi, quelli nel letto di ospedale dopo essermi ripreso. Per me rimane una ferita aperta, difficile che si rimargini; per questo ho scritto un messaggio a Bove e lo ringrazio perché mi ha risposto. Gli ho detto che se dovesse servire il mio supporto, il mio contributo, io ci sono».
Secondo il dottor Stefani «ciò che i giocatori hanno fatto domenica, ovvero disostruire le vie respiratorie di Bove, non è stato affatto sbagliato come qualcuno ipotizza, anzi. Tra l’altro sono poi intervenuti in tempi brevissimi i medici delle due squadre e tutto il personale addetto presente allo stadio. Nel dramma, la fortuna del giocatore della Fiorentina è stata quella di vivere quel tipo di malore in un ambiente diciamo protetto come un campo da calcio, in cui i soccorsi sono immediati».
Un discorso che si lega alle parole di Colbrelli sul suo addio alle corse. «Quando ti svegli in un letto di ospedale e col passare delle ore apri messaggi, giornali, mail, capisci la gravità di quanto ti è accaduto, ma allo stesso tempo vorresti tornare a fare ciò a cui hai dedicato la vita fino al giorno prima. Se penso al mio caso però, il ciclismo non è il calcio. Magari a Bove sarà impiantato un defibrillatore e chissà, potrà tornare a giocare, ma non in Italia (la legge attuale non lo consente, ndr). Per il ciclismo non vale, non sei su un campo dove possono correre ad aiutarti. Io ad esempio mi allenavo spesso da solo e ovviamente in strada, oppure mi sono immaginato in volata a 100 all’ora. Pensate a cosa sarebbe potuto accadere in caso di nuovo problema. Ecco perché ho detto basta». Con tutto quello che una decisione del genere comporta a livello mentale. «Lo stress si sente in quei casi, eccome», l’opinione di Stefani, che ha poi concluso con un cenno ai tanti infortuni a cui vanno incontro in particolare i calciatori. «Visti i tantissimi impegni non hanno più tempo per allenarsi e questo rappresenta un problema per i muscoli, che diventano sempre più fragili».
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