Brescia-Vicenza: tanti ex con pochi rimpianti

Vissuta come una classica, Brescia-Vicenza restituisce al Rigamonti il clima delle grandi sfide grazie anche al settore riservato agli ospiti gremito sino al limite della capienza.
Effetto di una rivalità nata quando le due squadre dal 1984 al 1986 lottarono prima per la promozione in B e poi in A, centrandola entrambe e tra i veneti giocava un certo Roberto Baggio, allora giovanissimo.
Un illecito sportivo non permise poi ai biancorossi di militare nel massimo campionato assieme alle rondinelle, allora il Brescia (piantato in asso da Pasinato) decise di affidare la guida tecnica proprio a Bruno Giorgi, allenatore del Vicenza e il presidente Franco Baribbi spiegò anche perché: «A furia di affrontarci, ormai ci conosce a memoria».
@Sport
Calcio, basket, pallavolo, rugby, pallanuoto e tanto altro... Storie di sport, di sfide, di tifo. Biancoblù e non solo.
Purtroppo non bastò a evitare il ritorno tra i cadetti nel 1987. Tutto è cominciato allora, e prosegue oggi tra sfottò prima e dopo la partita, cori non sempre goliardici e intreccio di ex. Curioso quanta diversa sia l’accoglienza che entrambe le tifoserie riservano a Proia e Cavion che si sono scambiati le maglie a stagione in corso.
L’ex Brescia lascia il campo alla fine del primo tempo nell’assoluto anonimato, in linea col suo rendimento in maglia biancazzurra. Beccato sin dall’annuncio delle formazioni, Proia quando è sostituito viene invece sepolto di fischi dagli ex tifosi vicentini, meritandosi in compenso gli applausi della curva Nord.
Fra gli ospiti in campo anche Sebastien De Maio la cui carriera cominciò nella primavera del Brescia nel 2006 ed è continuata, fra conferme e prestiti, sino al 2013, per poi proseguire in A col Genoa.
Nove anni, nel calcio, sono nove secoli e così i tifosi si accorgono della sua presenza solo quando Moreo «gli salta sulla testa». Non molto fortunata neppure la giornata di Christian Brocchi, qui in panchina nel 2016-17 prima di essere sostituito da Cagni: la gente si ricorda di lui solo per un goffo intervento sulla palla uscita dal campo nel tentativo di rimetterla in gioco e parte qualche sberleffo.
Anche perché è rimasta negli occhi di tutti quanto elegante e plastica invece sia stata nel primo tempo – in una situazione simile – la giocata di Corini, il grande protagonista della giornata, osannato in 90 minuti più di quanto lo sia stato Inzaghi in sette mesi.
Un fugace saluto è invece sfuggito agli occhi delle telecamere ed è quello che c’è stato tra il tecnico e l’ormai quarantenne Christian Maggio.
Alla conoscenza nata dopo tante partite giocate in campo da avversari, si è aggiunta la breve e intensa esperienza vissuta assieme nel Lecce quando Corini lo ha chiamato nel febbraio scorso. Non cominciò benissimo, in realtà, l’ex nazionale e ce lo ricordiamo molto bene perché proprio una sua distrazione consentì ad Ayé di strappare il pari nel finale nella partita in Puglia (2-2).
Ma Maggio nel prosieguo del torneo si è rivelato un giocatore fondamentale con la sua esperienza, segnando anche tre gol, di cui due pesantissimi,con la squadra al secondo posto fino a due giornate dalla fine. Il Lecce poi non è riuscito a centrare la promozione diretta e non è arrivato alla finale playoff solo per un penalty sbagliato a 10’ dalla fine contro il Venezia.
I rigori (lo sa bene Mancini) possono cambiare il giudizio su un allenatore, quello fallito da Mancosu ha finito col determinare anche il destino di un calciatore: entrambi non confermati dal Lecce, Corini e Maggio si sono ritrovati ieri a Mompiano. In quell’abbraccio abbiamo letto la stima reciproca di due grandi professionisti.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
