Luca e Mohammed, dallo scontro all'abbraccio: l'esempio di due ragazzi

Un anno fa Nabil (Passirano) mandò in ospedale Tarzia (Altosebino): domenica scorsa l’incontro e la «pace»
Mohammed Nabil (Passirano) - © www.giornaledibrescia.it
Mohammed Nabil (Passirano) - © www.giornaledibrescia.it
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Anche i big prendano appunti. Perché spesso è dai più giovani che si imparano gesti da grandi. Il calcio a volte è fatto di rendez-vous: celebre quello che costò la carriera al padre di Haaland, con l’entrata assassina di Roy Keane per vendicare un precedente «sgarbo» in un derby di Manchester di una Premier del 2001. Qui invece siamo agli antipodi e i protagonisti sono due ragazzini dell’Under 17 dell’Altosebino, l’attaccante Luca Tarzia, e del Passirano Camignone, il difensore Mohammed Nabil.

Il loro abbraccio al termine di un derby terminato 1-1, domenica mattina a Lovere, non è il solito abbraccio di fine partita. È un gesto di scuse e di perdono, anche se forse non ve n’era bisogno. Ma è un gesto che chiude il cerchio.

Quello scontro

Tutto nasce da un «primo tempo», che ancora scuote la memoria dei presenti. È il 21 aprile 2022 e in uno scontro di gioco Luca viene colpito da «Momo», che lo colpisce col ginocchio sul volto, schiacciandogli la mandibola e lesionandogli quattro denti. Luca perde i sensi per qualche secondo, si accascia, per fortuna si rialza da solo e, accompagnato da un dirigente, arriva solo negli spogliatoi.

I genitori di Luca ricordano bene quell’episodio. «Per fortuna fu Luca a tranquillizzarci, chiamandoci - spiega la mamma di Tarzia – ma lo spavento è stato tantissimo anche per i mesi successivi. È stata, per ironia della sorte, l’unica gara in cui mio marito e io siamo mancati al campo, perché era un turno infrasettimanale di recupero. Portammo Luca al pronto soccorso, andò tutto bene, per fortuna, senza conseguenze. Una grande paura».

L'abbraccio

Lo scontro, per quanto violentissimo, fu fortuito. «Avevo cercato Luca subito nel dopo gara, ma era in ospedale - spiega Mohammed -. Ci ero rimasto molto male, perché avevo visto il suo volto insanguinato e il particolare mi è rimasto impresso. Banalmente mi ero scordato di chiedere il suo numero. Nel torneo in corso ci siamo affrontati all’andata, ma non sono riuscito a incrociarlo. Quando ci siamo avvicinati alla gara di ritorno, giocata domenica scorsa, mi sono sincerato di poter fermare Luca e ho chiesto a un suo compagno di indicarmi chi fosse. Io ho sempre fatto lo stopper, lui l’anno scorso era terzino e quest’anno me lo sono ritrovato attaccante: peraltro ci ha anche fatto gol domenica. Ma io marcavo l’altra punta. Però a fine gara l’ho avvicinato e gli ho spiegato chi ero e tutta la vicenda. E mi sono scusato. Ha compreso, mi ha abbracciato e mi ha detto che aveva capito, da subito, che non c’era dolo. È stata una liberazione: non sono un violento e non lo sarò mai. Forse per qualcuno è stato un gesto non dovuto: io però questa esigenza me la portavo dentro da quasi un anno. E sono stato contento, soprattutto, di avere saputo che Luca non ha avuto complicazioni dopo quello scontro».

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