Brescia, dopo le perquisizioni inquirenti al lavoro sui telefoni

L'indagine inizia adesso. Dopo le perquisizioni della Guardia di Finanza di venerdì, tra la sede del club in via Solferino e la casa di Massimo Cellino a Padenghe, gli inquirenti cominciano a lavorare sul materiale raccolto in merito alla doppia indagine che ha coinvolto il patron delle rondinelle accusato da una parte di esterovestizione, evasione e autoriciclaggio e dall'altra di turbata libertà degli incanti per l'acquisto a Torbole Casaglia dell'area dove è sorto il centro sportivo del club.
Le fiamme gialle, coordinate dal procuratore aggiunto Carlo Nocerino e dal sostituto Erica Battaglia, hanno iniziato a guardare il contenuto della copia forense dei telefoni e dei computer di Cellino, del sindaco di Torbole Sisti e dell'assessore ai lavori pubblici Ometto indagati a loro volto nell’ambito del procedimento sul centro dove si allenano Donnarumma e compagni. La Procura ha già chiesto al gip Cristian Colombo, e aspetta una risposta, la proroga delle indagini per altri sei mesi.
L’inchiesta è nata quasi un anno fa dopo un accertamento della Guardia di Finanza che ha voluto capire di più sulla gestione delle società da parte di Massimo Cellino. Chi indaga ritiene che il modus operandi dell’imprenditore sardo sia da tempo lo stesso: gestire gli affari attraverso realtà con sede all’estero, ma che in verità operano in Italia e generano redditi nel nostro Paese. Una mossa per non pagare il Fisco.
Anche il club calcistico è controllato da una società a sua volta controllata dalla capofila che ha sede nel Regno Unito. E così sotto la lente di ingrandimento è finita anche la gestione ordinaria del Brescia calcio portata avanti - secondo le ipotesi accusatorie - attraverso denaro che Cellino avrebbe omesso di versare al Fisco e quindi autoriciclato.
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