Rugby: Gavazzi tra presente e futuro di Calvisano

Dopo più vent’anni, Alfredo Gavazzi è tornato a ricoprire una carica a Calvisano, amministratore delegato del club che nel 1970 aveva contribuito a fondare. «Mi hanno messo lì gli altri…», finge di schermirsi. Intanto però tocca a lui fare il punto su una classifica che a fine anno non è quella che molti all’inizio si aspettavano. «Abbiamo perso quattro partite – dice - e due, quelle con Petrarca e Rovigo, ci potevano stare. Con Colorno e Lyons invece si doveva e si poteva vincere. Sono state due prestazioni scadenti, complicate da alcune decisioni arbitrali: tuttavia resto convinto che la squadra sia attrezzata per arrivare ai play off. È vero che la nostra rosa non è larghissima (32 giocatori, più alcuni giovani del settore juniores, ndr) ma abbiamo vinto lo scudetto anche con un numero inferiore di giocatori. La squadra durante l’estate si è molto rinnovata, abbiamo avuto parecchi infortuni, ci sono molti giovani che hanno ancora bisogno di maturare. Noi siamo sempre stati un club orientato decisamente verso la formazione, fa parte della nostra storia. Ma adesso c’è più concorrenza nel reclutamento dei talenti. E poi bisogna capire bene cosa intende fare la Federazione».
In che senso?
«Io da presidente avevo messo delle regole per far sì che i ragazzi che avevano intrapreso un percorso di formazione federale (centri territoriali e accademia, ndr) dovessero spendere alcune stagioni in Top10, prima di fare il salto verso le franchigie e il rugby internazionale. Oggi vedo che le scelte sono diverse, si ha fretta di mandarli a Treviso e alle Zebre. Così però non si valorizza il campionato, lo si deprime».
Se un giocatore ha qualità per andare subito più in alto, perché impedirglielo?
«Ma quanti sono i fuoriclasse che a vent’anni possono già aspirare a giocare a quel livello? Gli altri hanno bisogno di fare un percorso e il campionato è la competizione giusta per crescere. Ma non potrà mai diventare completamente professionistico. Non credo che i club abbiano la forza per fare questo salto».
In questa chiave molti si chiedono quale potrà essere in futuro il ruolo di Calvisano adesso che Gavazzi non è più presidente della Federazione.
«Calvisano negli ultimi anni ha speso molto sull’impiantistica e intende spendere ancora. Vogliamo allargare il complesso degli spogliatoi e illuminare altri due campi. Nel giro di cinque anni l’intera struttura sarà completa e diventerà, in parte lo è già, una delle prime tre in Italia per quanto riguarda il rugby. Abbiamo speso molto e in qualche caso abbiamo dovuto sacrificare il rafforzamento della squadra all’investimento negli impianti. Ma siamo sempre rimasti al vertice e l’obiettivo è continuare a farlo».
Si ma il futuro?
«Calvisano è un paese piccolo, il bacino in cui pesca atleti e risorse è limitato. Tuttavia qui abbiamo una storia, una tradizione, delle competenze e strutture di primissimo piano. Mi piacerebbe poterle metterle a disposizione di qualcuno disposto a raccogliere il nostro testimone. Io ho settantuno anni, c’è bisogno che arrivi gente giovane. Calvisano potrebbe diventare quello che Appiano Gentile è per l’Inter… Un posto dove lavorare e far crescere i giocatori, in chiave locale e nazionale. Poi non è obbligatorio che una squadra con certe ambizioni giochi qui. Sono consapevole che la città può avere più appeal, per il pubblico, per gli sponsor. Possiamo trovare varie soluzioni». Il messaggio è stato quindi lanciato da Gavazzi. Vediamo chi è disposto a raccogliere l’invito.
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