Il Giro nel Bresciano, Martinelli: «Quanti ricordi col Pirata. Lo Squalo da podio»

I ricordi si fondono con la realtà in un gioco di rimandi e suggestioni in una carriera ultratrentennale in ammiraglia. La tappa odierna a Giuseppe Martinelli ricorda tanti momenti felici vissuti con il suo primo corridore vincente, Marco Pantani, assurto a mito di questo sport. Correva il 1998 e Martinelli guidava il Pirata di Cesenatico all’assalto del suo primo e purtroppo unico Giro d’Italia in una frazione passata alla storia delle due ruote con traguardo a Montecampione.
«Sul Crocedomini Garzelli fece un grande lavoro e scremò il gruppo - ricorda il tecnico di Lodetto di Rovato - lo svizzero Zulle entrò definitivamente in crisi e uscì di classifica. Pur essendo una salita dura tuttavia quest’anno non credo farà troppa selezione a patto di non partire subito a mille come nelle ultime frazioni, altrimenti saranno sfracelli». Il secondo ricordo riporta direttamente a Mortirolo e Santa Cristina affrontati insieme nel 1994.
«Marco era in fuga e io ero ds in seconda, ma andaì su Pantani mentre Quintarelli restò con Chiappucci. Dopo il Mortirolo consigliai Marco di aspettare Indurain per mettere più in difficoltà la maglia rosa Berzin, invece sul Santa Cristina fu lo spagnolo a prendere una cotta. Quest’anno penso che il Santa Cristina nel finale di una tappa così potrebbe fare molta differenza». Il suo pupillo oggi è Nibali, ritornato in Astana, proprio per ritrovare il tecnico bresciano.
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Se lo aspettava un Vincenzo così, può ambire al podio? «A inizio Giro pensavo fosse un’utopia pensare al podio con Vincenzo, leader del team era Lopez. Poi l’Etna e soprattutto il Blockhaus mi hanno fatto ricredere sulle potenzialità di Nibali. Il podio? Bisogna recuperare un minuto e mezzo, poi è un traguardo alla portata. Vincenzo nella terza settimana va sempre in crescendo e ha la crono finale di Verona con la quale può limare qualcosa agli avversari. Devo ammettere che mi ha fatto cambiare idea».
A stupire in questo Giro sono le medie molto alte. «Troppo direi, perchè sono curioso di vedere se e quanto dura. Molti ciclisti corrono come se non ci fosse un domani. Se da ds sono preoccupato, da appassionato direi che è un ciclismo fatto da atleti che sanno osare». E molti aggiugiamo non si curano nemmeno della tappa del giorno successivo. «Quando salii in ammiraglia a fare il ds c’era solo Visentini che non ci curava di queste cose, oggi almeno il 60% del gruppo nemmeno si informa sullatappa che li aspetta all’indomani. Alcuni iniziano a guardare la guida del Giro quando sono sul bus per andare in partenza».
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