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«Con la Coppa delle Alpi abbiamo lanciato una provocazione culturale»

Francesca Roman
Con un convegno a Courmayeur si è chiusa la manifestazione che portato trenta auto d’epoca a percorrere l’intero arco alpino
Il convegno conclusivo - © www.giornaledibrescia.it
Il convegno conclusivo - © www.giornaledibrescia.it
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Audacia di pensiero. Quella che da sempre contraddistingue Mille Miglia e che oggi l’ha portata a lanciare una provocazione culturale apparentemente contradditoria: percorrere con trenta auto d’epoca l’intero arco alpino, da est a ovest. «Ma se tutti insieme non riusciamo a disegnare almeno un’idea comune di sostenibilità – afferma l’amministratore delegato della società Alberto Piantoni - non ce la caveremo».

Il «Grande Viaggio Alpino» della Coppa delle Alpi 2024 si è concluso stamattina con un convegno nel centro congressi di Courmayeur, dove si sono ripercorse e riassunte le «best practice», le buone pratiche incontrate lungo il percorso, partito lunedì mattina da Trieste. «È necessario – prosegue Piantoni - che le piccole comunità montane non siano più chiuse, ma facciano rete e si raccontino a partire dai punti che hanno in comune, come il cambio del clima, il presidio dei pascoli alti o la gestione delle acque».

Il convegno

Tanti gli ospiti del convegno, introdotto dai saluti del sindaco di Courmayeur Roberto Rota e del presidente di Regione Valle d’Aosta Renzo Testolin. «Questa edizione è stata un unicum – commenta la presidente di 1000 Miglia srl Beatrice Saottini –, perché da un lato ha consentito di far misurare gli equipaggi con le familiari attività di pressostati e prove media, e dall’altro anche di far loro incontrare e conoscere le comunità alpine, per cercare di comprenderne le esperienze migliori e cominciare a tracciare una rete». «Questo progetto – aggiunge Saottini - rappresenta appieno il valore e il significato primo di 1000 Miglia: la restituzione e la tutela».

Nella prima parte dei lavori, coordinati dal sociologo Albino Gusmeroli del Consorzio Aaster, si è parlato della sfida che queste comunità alpine oggi si trovano ad affrontare: trovare un nuovo equilibrio tra competitività economica, cambiamento climatico e coesione delle comunità. Diversi i punti di vista proposti, a partire da quello agricolo di Stéfanie Anselmet, giovane imprenditrice vitivinicola valdostana di terza generazione (Famiglia Maison Anselmet). «I giovani nelle Alpi sono pochi – specifica -, ma più della media italiana, perché qui più che altrove è tornata la consapevolezza dei valori dell’agricoltura. Negli ultimi anni il mercato nazionale e internazionale ha capito che il prodotto valdostano è di nicchia e di qualità».

Nurye Donatoni, direttrice artistica del Museo dell’artigianato valdostano, ha raccontato come oggi questo settore debba concentrarsi sulla produzione di oggetti che sappiano narrare e ridare valore alla capacità umana di creare. «Dobbiamo iniziare a narrarci – sottolinea -, imparare dai cittadini a “venderci”, ma con il nostro sistema valoriale e la nostra identità».

La parola è passata poi a Franco Claretti, direttore del Parco nazionale dello Stelvio. «Cerchiamo di capire queste comunità molto isolate, e di coinvolgerle – spiega -. Insegniamo, per esempio, agli allevatori come sopravvivere all’arrivo del lupo, con tecniche di pastorizia per evitarne l’attacco, sosteniamo il ripristino degli alpeggi, e rimborsiamo i danni che gli animali selvatici fanno agli agricoltori». Di sport e turismo ha parlato invece Thommy Cantoni, vicesindaco di Livigno, che nel 2026 ospiterà le Olimpiadi invernali. «Per noi sarà l’occasione per realizzare le infrastrutture che ci servono e che rimarranno al territorio – chiarisce -, come un garage interrato, o il collegamento dei versanti per ridurre il traffico».

La prima parte del convegno si è conclusa con i commenti degli «opinion leader» che hanno seguito il convoglio di auto storiche durante tutte le cinque tappe della gara: tra questi il giovane imprenditore bresciano Davide Ceriali, il giornalista camuno Lino Zani, e il paesaggista veneto Claudio Bertorelli.

Provocazione culturale

«Quella di Mille Miglia è stata una provocazione culturale – esordisce il direttore di Aaster Aldo Bonomi alla ripresa dei lavori -. L’intuizione però è stata assumere per la prima volta la visione della macroregione alpina». «Manca questa coscienza della rete – spiega a tal proposito Giuseppe Argirò, amministratore delegato della valdostana CVA, quarto produttore in Italia di energia idroelettrica, - e da questo contesto culturale emergono le attuali dinamiche che riguardano l’energia e l’acqua. Le concessioni sono questioni culturali: la finanza ha pesantemente scavalcato in modo miope il valore dei territori».

Vanda Bonardo, presidente di Legambiente, ha poi posto l’accento sull’importanza di investire nelle località «che stanno tra Heidi e Sofia Goggia» e Luisa Vuillermoz, direttrice della Fondazion Grand Paradis, ha sottolineato che «la transizione ecologica sarà possibile solo quando sarà socialmente desiderabile, e in questo senso oggi sono ottimista».

Tra gli esperti al seguito della Coppa delle Alpi c’era anche Francesco Pugliese, già amministratore delegato di Conad. «Ci sono due fattori che mi hanno colpito – riassume -: la verticalità delle Alpi, che ha portato le singole località a non prendere coscienza dei problemi comuni, ma solo alla competitività, e le possibilità che le nuove tecnologie possono introdurre per evitare picchi antropici, come ci ha illustrato Messner».

Gli ultimi interventi del convegno sono stati di natura politica: Marco Bussone, presidente Uncem, ha rilevato l’assenza delle istituzioni, e Giulio Grosjacques, assessore al Turismo della Valle d’Aosta, ha illustrato gli investimenti della Regione per evitare lo spopolamento del territorio. «1000 Miglia ha lanciato una provocazione – conclude Bonomi -, da cui sono emersi tanti sussurri. Ci auguriamo si trasformino in un urlo, perché se non si sviluppa un po’ di conflitto, non si cambia».

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