Ciclismo, un anno fa Colbrelli trionfava alla mitica Parigi-Roubaix

Quella volata parsa infinita, un anno fa, nel velodromo Andrè Petrieux di Roubaix, Sonny Colbrelli se la ricorderà per sempre, come ce la ricorderemo tutti noi accompagnandolo con l’urlo di gioia per un risultato tanto inatteso quanto meritato, a coronamento di una carriera da vero campione.
E poco importa se quel giorno abbiamo dovuto rifare il giornale per raccontare la sua leggendaria vittoria, terzo corridore bresciano nella storia del ciclismo ad aggiudicarsi una classica Monumento, la più iconica ed estrema di tutte. Aggiungiamo che, causa gli sconvolgimenti del calendario per la pandemia, la corsa ribattezzata non per caso «L’inferno del Nord» si è disputata in un clima d’altri tempi con il fango a rendere soldati d’argilla i ciclisti, novelli eroi del pedale. E il pianto liberatorio di Colbrelli al termine dell’impresa, sdraiato sul prato del velodromo, con le lacrime a solcare un viso reso di creta, come una maschera ellenistica della tragedia greca, ha fatto il giro del mondo e reso popolare anche oltre confine il corridore nato e cresciuto in Valsabbia, in quella Casto resa famosa dalle sue antiche fucine, forgiato alla fatica e al sacrificio che fan parte del dna delle genti di montagna, temprato dal lavoro in fabbrica e arrivato al grande successo forse un po’ tardi.

Per una sorta di contrappasso del destino quando sembrava aprirsi un nuovo capitolo agonistico della sua vita la scorsa primavera il suo cuore l’ha tradito interrompendo per fortuna solo un sogno agonistico, non si sa ancora se per sempre o temporaneamente. Ma le emozioni che ci ha regalato quel giorno Colbrelli restano scolpite indelebili nella memoria di tutti gli appassionati di ciclismo.
A pensarci bene non doveva nemmeno correrla quella gara il bresciano. Più volte nelle stagioni precedenti l’idea l’aveva sfiorato, nel 2019 era persino nel programma di inizio stagione, poi le fatiche della campagna del Nord, quella prima parte con le pietre delle Fiandre, l’aveva fiaccato e poi c’era una settimana dopo l’Amstel, la classica della birra olandese che a Sonny era rimasta sul groppo dopo che giovanissimo, ancora alla corte della Bardiani, aveva colto uno splendido terzo posto.
Sonny Colbrelli sentiva di doversi togliere la soddisfazione di vincerla quella gara in Olanda sacrificando la Roubaix perché in fondo fra le classiche quella nelle Ardenne aveva rischiato di vincerla. Forse ancor più della Sanremo del 2014, alla seconda partecipazione alla Classicissima di primavera, quando in fondo al Poggio si ritrovò da solo con un discreto vantaggio sul gruppo e anziché affondare il colpo non ci credette fino in fondo continuando a voltarsi finché fu ripreso da un gruppetto regolato poi dal norvegese Kristoff su Cancellara e con Sonny ancora capace di agguantare un sesto posto. E così la Roubaix è rimasta sullo sfondo, come desiderio mai sperimentato.

Lo spostamento in autunno nel 2021 per via del Covid e la straordinaria forma con la quale si è presentato al via gli hanno fatto dire sì per la prima volta. Senza pressioni (la sua stagione era già splendida con l’Italiano e l’Europeo) è arrivato alla corsa come outsider trovando peraltro le sue condizioni atmosferiche ideali, ovvero pioggia e maltempo che gli hanno dato quella spinta in più per compiere l’impresa e consegnarlo alla storia.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
