Alice Bellandi: «Al cinema porto verità e crudeltà dello sport»

Alice Bellandi non è mai stata solo un’atleta. Ancor prima di toccare il cielo con un dito e salire sull’Olimpo nel judo, è sempre stata una donna capace di andare al di là della retorica di uno sportivo. Parlando di amore, depressione, problemi, fede. Mettendo sempre davanti la persona alla judoka. Per questo il fatto che lei stessa abbia interpretato il ruolo di una delle protagoniste nel film «Agon» di Giulio Bertelli non sorprende, perché nella pellicola di finzione esce un’Alice «vera».
Appuntamento
L’olimpionica sarà domani a Brescia al cinema Nuovo Eden (ore 18.30) per la proiezione del film e per incontrare in seguito gli appassionati, raccontando cosa l’ha spinta ad accettare la proposta di mettersi davanti alla cinepresa in un «mocumentary» in cui tre atlete si preparano per i fantomatici Giochi di Ludoj, intrecciando le loro esperienze con quelle delle grandi donne del passato, da Giovanna d’Arco a Cleopatra. O Alice Bellandi, che poi in qualche modo sono la stessa cosa in un movie che non è il solito racconto di sport, ma è un concatenarsi di avvenimenti a spasso tra la storia e tecnologia, tra l’eterno equilibrio su cui danzano guerra e pace. Anche a livello interiore.
Antefatto
«La proposta è nata un po’ per caso ad un evento, parlando con un’attrice ed una produttrice. Cercavano una judoka per il film - svela Bellandi - perché a differenza di scherma e tiro a segno (le altre discipline narrate, ndr) non poteva esserci una controfigura. Ho accettato, anche se mancava poco ai Giochi di Parigi... La proposta è arrivata a settembre 2023, riprese tra dicembre e il seguente gennaio. L’anno olimpico era abbastanza stressante, ma per me è stato un modo per mettermi alla prova ed uscire da un ambiente che iniziava a farsi pesante e pressante, per le aspettative su di me, nell’avvicinarsi alle Olimpiadi. Non mi aspettavo che fosse così pesante anche girare un film, ma la produzione è stata molto disponibile con me per la centralità del personaggio. Sapevo di togliere del tempo al judo, ma è stata una buona cosa».
Anche perché Alice Bellandi, dietro ad ogni cosa, deve sempre vedere un progetto. «Il film interseca finzione e documentario. La mia figura è richiamata in tutto, anche se non è la mia storia, perché io non ho mai avuto infortuni al ginocchio. Però c’era la volontà di rappresentare verità e crudeltà dello sport, ed è la storia di molti. Uno dei motivi per cui ho accettato è che veniva raccontato lo sport per il 99% delle persone. Di solito sono tutti documentari di successi, rinascita, ma mai la branca dello sport più rappresentativa. In fondo, solo l’1% arriva a vincere...»
Oltre il tatami
Il film ha dato possibilità a Bellandi di portare sul set una rivale-amica e di interpretare di fatto un personaggio storico. «Per il combattimento ho scelto la portoghese Sampaio, che poi ho sfidato in semifinale a Parigi, perché è un’amica, è molto umile e umana. Poi il film voleva anche mostrare la guerra da un occhio femminile e non solo maschile, era un lato mai raccontato. Io dovevo essere Cleopatra, poi ho chiesto e deciso di tenere il mio nome. Per sentirmi più a mio agio, altrimenti sarebbe stato un disastro».
Ma perché vale la pena vederlo, il film? «Perché lo sport è metafora di vita, solo raccolto in pochi anni. Quindi va visto per questo, in molti dopo averlo fatto mi hanno chiesto se è davvero così lo sport».
A proposito, quando la rivedremo combattere per davvero? «A fine novembre nel Grand Slam ad Abu Dhabi, poi progettiamo l’anno prossimo con i Mondiali di Baku. Ma l’obiettivo ultimo saranno i Giochi di Los Angeles: è sempre stato così, ma ragiono di anno in anno».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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