A 52 anni è ancora in serie A di tamburello: la storia di Sergio Facchetti

La vita può metterti alla prova quando meno te lo aspetti. Ed è quanto avvenuto a Sergio Facchetti, uno dei più titolati giocatori bresciani di tamburello, che l’anno scorso ha vinto lo scudetto a Sommacampagna e adesso insegue lo stesso obiettivo con la Cavrianese. Ora che ha 52 anni gioca meno spesso, ma è il primo uomo ad entrare dalla panchina in caso di necessità ed è successo qualche domenica fa proprio a pochi giorni dalla scomparsa dell’amatissima mamma Giuseppina.
«Sapevo che sarebbe potuto capitare - ricorda - e l’ avevo messo in conto dopo le convocazioni per la partita. Pur con l’emozione del momento, sono entrato in campo consapevole che lei avrebbe voluto così. Del resto l’ultima volta che ero andato a trovarla mi ricordò il vicino allenamento e mi incoraggiò a non perderlo».
Lo scudetto
La famiglia Facchetti è molto conosciuta in questo sport. Sergio è fratello di Edoardo, attuale presidente federale, ex giocatore e allenatore di altissimo livello, uno dei primi divulgatori della disciplina, la cui celebre apparizione al gioco a quiz «Superflash» di Mike Bongiorno nel 1985 fece vivere al tamburello un momento di grande popolarità. Proprio Edoardo, tra l’altro, l’anno scorso diede al fratello Sergio la bella notizia di aver conquistato lo scudetto. «Come tutti, era convinto che avrebbe vinto l’Arcene - sorride Sergio - e quindi il suo ruolo istituzionale lo spinse a Cremolino, dove i bergamaschi giocavano da capolisti l’ultima partita della stagione per consegnare loro a fine partita il trofeo». Una sfida in apparenza senza storia visto quanto avvenuto all’andata con larga vittoria dei bergamaschi in poco più di un’ora. Invece, contro ogni previsione, la spuntarono i piemontesi e ne approfittò il Sommacampagna secondo in classifica. «Ricevetti una sua telefonata e mi disse semplicemente che ero campione d’Italia. Rimasi senza parole per la gioia».
I due Facchetti hanno vinto anche uno scudetto assieme col Cavaion nel 2014: Edoardo allenava e Sergio giocava. Una dedizione totale a questo sport sull’esempio di papà Giacomo, uno dei precursori della disciplina a Cortefranca negli anni 50.
Una carriera di sacrifici
Sergio, vincitore di un altro tricolore col Cavaion nel 2018, deve la sua carriera a una inesauribile passione che lo ha spinto anche a dolorosi sacrifici. Operaio specializzato, spesso da giovane era costretto a turni di notte alla vigilia delle partite. «Tornavo a casa alle 6 , mi bastavano poche ore per recuperare energie e poi alle 13 mi facevo trovare al casello dell’autostrada di Capriate dove i compagni di squadra venivano a raccogliermi per le gare in trasferta».
Oggi ha ridotto il suo impegno agonistico, non la serietà con cui si allena. «Il tamburello moderno è giocato da veri e propri atleti che si preparano ogni giorno e conducono una vita da professionisti. Io lo faccio per conto mio nei ritagli di tempo concessi dal lavoro e una volta alla settimana mi aggrego al gruppo per completare il training».
Come un allenatore in più
A Facchetti capita qualche volta di seguire l’intera partita dalla panchina, più che una riserva però è un allenatore aggiunto. I giocatori in campo lo cercano con lo sguardo, attenti a ogni suo consiglio, utile supporto al direttore tecnico Quinto Leonardi . «Qui a Cavriana mi fanno sentire importante - conferma Sergio - un primo contatto era avvenuto già a metà della scorsa stagione, il club era intenzionato a formare una squadra di vertice e aveva pensato a me. Una scelta che mi ha inorgoglito, ecco perché cerco di rendermi utile in ogni momento. Anche se l’età media dei giocatori di serie A si sta abbassando, l’esperienza di chi ha tanti campionati alle spalle è ancora determinante».
Tanti anni di tamburello gli hanno insegnato che non bisogna arrendersi mai. «Bisogna crederci sino all’ultima pallina senza lasciarsi rimpianti per strada». È così che l’anno scorso è maturato l’incredibile scudetto del Sommacampagna.
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