Non solo Jannik vs. Nole, a Wimbledon il tennis parla anche femminile

In poche ore le situazioni si ribaltano, i ruoli si scambiano, i timori vengono sostituiti dagli entusiasmi e viceversa. Oggi Jannik Sinner s’allena in tutta tranquillità sui campi dell’Aorangi, dove il pubblico pagante di Wimbledon non è ammesso.
Novak Djokovic non si presenta invece sui campi prenotati con largo anticipo, alimentando le voci di sue difficoltà fisiche alla vigilia della semifinale di domani. Potrebbe tuttavia essere solo pretattica, e quanto accaduto dopo due giorni fa – quando il numero 1 al mondo saltò la sua sessione pre-partita per poi presentarsi in campo assolutamente efficiente – suggerisce la massima cautela. Inutile agitarsi, tanto tra poche ore i dubbi e i timori saranno sciolti. Senza misteri invece la preparazione degli altri due semifinalisti, Carlos Alcaraz e Taylor Fritz.

Debuttanti in finale
Intanto ora sappiamo che l’edizione 2025 del torneo femminile avrà sabato due debuttanti in finale: Amanda Anisimova e Iga Swiatek, mai protagoniste in passato all’ultimo atto dello slam sull’erba. Il verdetto è arrivato al termine di due semifinali molto diverse tra loro, giocate in un caldo anomalo, con oltre i 31 gradi e un’umidità quasi padana.
Amanda Anisimova, 24 anni in agosto, ha centrato il traguardo più importante della carriera battendo Aryna Sabalenka: 6-4 4-6 6-4 il punteggio a favore dell’americana, che ha sfruttato al meglio i momenti chiave e la maggiore lucidità nei passaggi decisivi. Dopo aver vinto il primo set con un break ottenuto su un doppio fallo della bielorussa, Anisimova ha patito il ritorno della numero 3 del mondo nel secondo parziale, ma nel terzo set ha mantenuto alta la concentrazione. Tre break contro due e una risposta incrociata perfetta hanno chiuso la partita dopo oltre due ore e mezza di gioco non di alta spettacolarità ma assai avvinvcente.

Il risultato premia il percorso di una giocatrice tornata ad alti livelli dopo anni difficili. Nata nel 2001 a Freehold nel New Jersey da genitori russi emigrati dalla Russia, Amanda era considerata una delle promesse del tennis giovanile. Nel 2016 raggiunse la semifinale al Roland Garros junior, nel 2017 vinse gli US Open junior, e nel 2019, a soli 17 anni, si spinse fino alla semifinale del Roland Garros tra i professionisti. Quello stesso anno, però, fu segnato da un dramma: la morte improvvisa del padre Konstantin, suo primo allenatore e figura centrale nella sua vita. Amanda si fermò a lungo, lasciò il circuito, si dedicò alla pittura e agli studi, prima di rientrare nel circuito con gradualità nel 2020. Una nuova pausa, decisa nonostante la contrarietà del suo team, la tenne di nuovo lontana dai campi nel 2023. Seguita adesso da tecnici olandesi, Animisova è tornata al successo nel febbraio scorso conquistando il WTA 1000 di Doha ai danni di Jelena Ostapenko (6-4 6-2).
Ora arriva la finale a Wimbledon: «Mi dico sempre di godermi il momento – ha detto Amanda in conferenza stampa – e oggi in campo, nonostante la finale in palio, ero concentrata solo sul match».

Ad attenderla sulla Centre Court, sabato, ci sarà dunque Iga Swiatek, cinque slam vinti in carriera. La polacca ha dominato l’altra semifinale rifilando un secco 6-2 6-0 a Belinda Bencic. La ex numero 1 WTA e testa di serie numero 8 del torneo, 24 anni, ha confermato i segnali di ripresa dopo una fase complessa iniziata un anno fa. Swiatek, che non era mai andata oltre i quarti a Wimbledon, in queste due settimane è apparsa nettamente in ripresa: con il suo tennis potente e preciso ha lasciato appena due game alla svizzera, 28 anni, mamma dallo scorso anno e già semifinalista a Flushing Meadows nel 2019.
Il match che assegnerà il titolo sarà incerto. Swiatek potrebbe soffrire della “sindrome dell’erba” che colpisce i campioni che vincono altrove ma non qui, mentre l’approdo di Amanda Anisimova è da outsider, ha il morale alto e una bella storia di resilienza alle spalle.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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