Triste vittoria dopo l’adozione sfumata nel nulla

La coppia di Palazzolo sarà risarcita, ma del bambino si sono perse le tracce
Fabio Selini ha condotto una battaglia legale e culturale - Foto © www.giornaledibrescia.it
Fabio Selini ha condotto una battaglia legale e culturale - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Dopo otto anni di disperazione e accuse, smarrimento e lotta per trovare la verità, è finalmente terminata la vicenda dello scandalo delle adozioni internazionali in Kirghizistan che ha visto tra le parti lese una famiglia bresciana, quella del palazzolese Fabio Selini. Lunedì scorso, al tribunale di Savona, è stata condannata a quattro anni in primo grado Silvia La Scala, ex presidente dell’ente autorizzato per le adozioni nella Repubblica post-sovietica, la Onlus Airone di Albenga, alla quale le famiglie si erano rivolte.

Insieme a lei, per la quale il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a sette anni, c’era anche la traduttrice bielorussa, ma bergamasca di residenza, Inna Trouckhan, che è stata invece assolta. Le famiglie truffate erano state una ventina, ma a costituirsi parte civile nel processo penale erano rimaste solo in cinque, tra cui quella di Selini e della moglie Gessica, che dopo otto anni non hanno ancora alcuna notizia di quel bambino con cui avevano vissuto per una settimana in Kirghizistan.

Lì, dietro promesse di facile e sicura adottabilità (garantita da un ente certificato dallo Stato Italiano, per l’appunto la Onlus ligure) la coppia si era illusa di ricevere, una volta tornata in patria, la chiamata con la conferma che l’iter fosse concluso e che Vova, questo l’appellativo del bimbo, sarebbe potuto diventare loro figlio adottivo in Italia. Ma di lì a poco in Kirghizistan scoppiò uno scandalo sulle adozioni internazionali e si seppe che quel bambino, in realtà, aveva dei parenti e non era quindi adottabile.

La battaglia di Selini fu subito legale, ma anche culturale. Negli anni il palazzolese ha avviato raccolte firme e petizioni fotografiche, ha scritto un libro («I giorni mai resi») e ha portato in scena un suo monologo teatrale in cui si riflette sul tema.

«Dopo così tanto tempo, non so nemmeno più cosa pensare o che sentimenti provare: di certo questa è “una fine” - ha spiegato il 50enne palazzolese, che lavora alla Rsa Cadeo di Chiari -. È un po’ come raccontare a un reduce di guerra a cui è stata amputata una gamba per aver subito lo scoppio di una mina che la guerra è finita e che il suo esercito ha vinto. Mi sento così, come qualcuno a cui viene detto che si può tornare alla normalità, ma che ha perso una parte di sé. Non so se ci sarà un ricorso in appello. Saremo sempre disponibili, ma per noi qui si è chiuso un capitolo. Ancora nessuno, però, ci ha detto che fine ha fatto Vova, se sta bene e come è cresciuto».

La Scala è stata riconosciuta colpevole di truffa aggravata, ma non del reato di associazione per delinquere. La Onlus, che da anni non opera più ed era stata radiata dall’albo dopo una condanna al Tar e al Consiglio di Stato, era rimasta coinvolta nello scandalo che nel 2012 aveva portato all’arresto del ministro per lo Sviluppo sociale del Kirghizistan e di due collaboratori locali per le adozioni. Quanto alle spese, dato che tra viaggi, documenti (tutti vani) e avvocati le famiglie italiane hanno speso decine di migliaia di euro, a ciascuna di quelle costituitesi parte civile dovranno essere corrisposti 50mila euro.

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