Rubò 80mila euro all’anziana che amministrava: condannata a 6 anni

La 64enne di Sulzano era accusata di peculato e falso per aver utilizzato per sé il denaro della donna
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Poco più di 15mila euro all’anno per cinque anni. Una cospicua rendita che ha fruttato una condanna a sei anni di reclusione a chi per l’accusa e i giudici, che hanno sposato ricostruzione dei fatti e quantificazione della pena, quel denaro ha indebitamente intascato. Si è chiuso con questo verdetto il processo alla 64enne amministratrice di sostegno finita a processo con l’accusa di peculato per aver «distratto» 78mila euro dai conti correnti dell’anziana di Sulzano che avrebbe dovuto aiutare nel disbrigo delle pratiche burocratiche, ma anche nelle esigenze di tutti i giorni.

La sentenza è arrivata a metà della mattina di ieri, al termine di un processo che, originato dalla denuncia delle nipoti dell’anziana dipartita nel 2017, ha messo sul tavolo i conti e gli ammanchi, peraltro asseverati dalla perizia del Tribunale, ha verificato i falsi esibiti al tribunale per giustificare le spese non giustificabili e raccolto la confessione dell’imputata.

Secondo quanto ricostruito dal sostituto procuratore Antonio Bassolino, i primi prelievi non autorizzati della donna, amica di vecchia data dell’anziana, prima ancora di diventarne amministratrice di sostegno, risalgono al 2013. I primi sono tutto sommato morigerati, per poi diventare particolarmente esosi sul finire del percorso di vita dell’anziana.

Stando a quanto emerso in udienza davanti al presidente Roberto Spanò, l’imputata era partita con poco più di 3mila euro nel 2013, per poi passare a dieci volte tanto quattro anni dopo. Il tutto senza l’autorizzazione del Tribunale o senza una giustificazione plausibile, anzi. L’amministratrice di sostegno era accusata anche di falso, proprio per aver prodotto pezze giustificative credibili come banconote da tre dollari. Nel corso del processo, messa a fronte di evidenze difficilmente sormontabili, l’imputata attraverso l’avvocato Cristian Mongodi, ha cercato di risarcire il danno e versato alle due nipoti costituite parte civile con l’avvocato Giordana Frattini circa un terzo di quanto indebitamente utilizzato.

Il parziale risarcimento non ha prodotto gli effetti desiderati: il tribunale infatti non ha concesso ulteriore termine per consentire all’imputata di saldare il suo conto e sperare nella concessione delle attenuanti generiche. Per la donna il pm aveva chiesto sei anni e sei anni i giudici le hanno inflitto. Il conto che la 64enne di Sulzano dovrà saldare è ancora più pesante. Il Tribunale ha già stabilito anche il risarcimento del danno: i 60mila euro che ancora mancano all’appello. 

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