Il dolore dell’Atletica di Provaglio d’Iseo per Fabio Ferrari, il runner morto a Bovegno

Da domenica non si avevano notizie, era uscito per un allenamento di routine. Ieri il tragico epilogo
I soccorritori impegnati in questi giorni e, nel riquadro, Fabio Ferrari © www.giornaledibrescia.it
I soccorritori impegnati in questi giorni e, nel riquadro, Fabio Ferrari © www.giornaledibrescia.it
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Quella di domenica scorsa per Fabio Ferrari è stata un’uscita di routine, di allenamento, come era solito fare da amante della corsa in montagna. Così l’hanno definita gli amici runners della Atletica Franciacorta Oxyburn, che ben sanno quanto pulsa la voglia di correre in chi si avventura sui sentieri di montagna, in estate e in inverno. Fabio infatti dedicava il suo tempo libero allo sport che più gli piaceva, alternando ogni tanto la bicicletta, ma privilegiando la leggerezza della corsa.

Dopo due giorni di ricerche, ieri, purtroppo, è arrivato il tragico epilogo: il corpo senza vita del 55enne è stato trovato lungo un canalone, in località Baita Prada a Bovegno.

Tesserato con la società di Provaglio d’Iseo, con la quale partecipava a gare e allenamenti, Fabio era sempre disponibile nei confronti di chi organizzava le uscite, le competizioni e gli eventi ma anche di chi aveva bisogno di una mano come «semplice» compagno di corsa. «Era una brava persona, sempre con il sorriso e la mano tesa verso gli altri», dicono gli amici.

Lavoro e famiglia

Quando smetteva le vesti dello sportivo, Ferrari era un ingegnere, residente nella frazione di Fantecolo, e anche un padre amorevole. Non era nativo di Provaglio d’Iseo, ma vi era giunto nel 2013, dapprima trasferitosi nella frazione di Provezze per poi spostarsi a Fantecolo.

Con la prima moglie aveva adottato una bambina etiope, ma attualmente viveva con la compagna Natasha e il figlio di lei, i primi che hanno dato l’allarme una volta che Fabio non è rientrato a casa la sera.

Purtroppo il fatto che fosse impegnato in un allenamento in solitaria, come spesso succede ai runners più «estremi» che non hanno o non trovano accompagnatori frequenti, non ha facilitato la possibilità di un soccorso veloce e magari salvifico.

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