«Anche lui colpevole della morte di Pietro, non posso perdonare»

La vedova Raccagni parla dopo l’intervista su Teletutto a uno dei banditi che agirono a Pontoglio nel 2014
Il condannato. L’albanese Pjeter Lleshi intervistato a «Messi a fuoco»
Il condannato. L’albanese Pjeter Lleshi intervistato a «Messi a fuoco»
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Non è stato facile mettersi davanti alla tv aspettando di conoscere il pensiero di chi ha segnato per sempre la tua vita. «Ero con i miei figli e insieme abbiamo guardato la trasmissione» racconta Federica Pagani, la vedova di Pietro Raccagni, il macellaio di Pontoglio morto dopo essere stato colpito con una bottiglia in testa nel corso di una rapina in casa nell’estate del 2014. Colpevole. Quella sera, era l’otto luglio, nella banda di albanesi entrati nella abitazione della famiglia bresciana c’era anche Pjeter, oggi in carcere a Canton Mombello dove ha accettato di essere intervistato per la trasmissione «Messi a Fuoco».

La vedova. Federica Raccagni: il marito Pietro è morto per una rapina
La vedova. Federica Raccagni: il marito Pietro è morto per una rapina

È stato condannato in via definitiva a 15 anni e sei mesi. «Ho commesso una cosa gravissima, nel mio cuore mi pento, quando uscirò dal carcere vorrei essere una persona nuova. Sto frequentando la scuola per questo. Sono figlio anche io e mi dispiace per la famiglia della vittima»: questo in estrema sintesi il suo pensiero espresso davanti alle telecamere. «È stata un’emozione forte» svela la vedova Raccagni che già aveva incontrato il giovane durante le udienze del processo.

«Anche guardandolo dalla tv ho avuto la stessa impressione di sempre: non riesco a vederlo come un omicida, come un delinquente. Ha l’età dei miei figli, mi sembra timido, forse è finito in qualcosa più grande di lui».

Nessuna vendetta. Pjeter in carcere avrebbe sempre riferito ai compagni di cella di essersi fatto trascinare dal gruppo, di aver avuto un ruolo marginale, di voler cancellare tutto. Ma quella sera a casa Raccagni c’era, e per quell’omicidio gli restano da scontare ancora 12 anni di carcere.

«Io sono per la rieducazione, non puoi sbattere una persona in carcere e lasciarla lì, è giusto che stia facendo la scuola però ho visto più sereno lui dei miei figli. Le vittime sono abbandonate, più di chi ha commesso un reato tanto grave - aggiunge Federica Pagani -. Apprezzo il suo pentimento, mi sembra consapevole di quello che ha fatto, ma non riesco a perdonare. È troppo presto, e anche se non provo rabbia nei suoi confronti o voglia di vendetta, non ce la faccio proprio ora a perdonarlo. Ha contribuito a rovinare la mia famiglia».

La donna, che è anche assessore alla Sicurezza a Pontoglio e che sta affrontando da tempo una battaglia per la certezza della pena, aspetta ora segnali dal Parlamento. «L’onorevole Bazoli in trasmissione ha detto che la Camera ha approvato il disegno di legge che impedisce a chi commette reati gravi di scegliere il processo con rito abbreviato che porta allo sconto di un terzo della pena. Ora - conclude la vedova Raccagni- anche il Senato lo deve approvare. È un dovere dello Stato nei confronti di famiglie rovinate per sempre come la mia».

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