Amianto a Castelli Calepio: Palazzolo si rivolge alla Procura

Dal 2013 lastre di amianto esposte al maltempo e da smaltire: i palazzolesi chiedono un intervento
Il capannone di Castelli Calepio al centro delle indagini - © www.giornaledibrescia.it
Il capannone di Castelli Calepio al centro delle indagini - © www.giornaledibrescia.it
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Una potenziale bomba ecologica che dal 2013 ad oggi nessuno ha voluto maneggiare e che, da allora, turba i sonni di diversi palazzolesi di confine. È quella della quale si sta occupando la Procura di Brescia nella persona del sostituto procuratore Antonio Bassolino e per la quale nei giorni scorsi i carabinieri del Noe hanno lasciato il municipio di Castelli Calepio con numerosi faldoni. Nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale colposo a carico di due persone i militari sono andati alla ricerca di elementi per stabilire a chi imputare la mancata messa in sicurezza delle coperture in amianto di un capannone industriale che sorge nella frazione di Quintano di Castelli Calepio a due passi dall’Oglio e a niente dalle case di diversi preoccupatissimi palazzolesi che si sono schierati con il consigliere comunale di Palazzolo Alessandro Mingardi e si sono fatti sentire in Procura. Il primo atto risale all’estate del 2013.

Un fortunale strappa dal capannone finito nel mirino della magistratura lastre di amianto e le scaglia a decine di metri, sui tetti e nei giardini di diversi residenti della zona. Lettera morta. L’allora sindaco di Castelli Calepio firma un’ordinanza di messa in sicurezza dell’area di circa 5mila metri quadrati che, però, resterà lettera morta.

Il capannone, da allora esposto al maltempo torna a far parlare di sé l’estate scorsa: l’1 agosto scoppia un incendio che sbriciola una buona porzione del tetto in eternit. Le fiamme vengono domate, ma le preoccupazioni dei residenti della zona, alle prese con le fibre liberate nell’aria dal rogo non si spengono. Anzi. Nuovamente sollecitata, l’Amministrazione di Castelli Calepio, nella persona dell’ultimo sindaco eletto, emette una nuova ordinanza che fa la fine della precedente: una fine - affermano gli esponenti - ampiamente prevedibile dato il perdurare dello stato di insolvenza del proprietario dell’area e del capannone.

I palazzolesi e i vicini di casa bergamaschi investiti dalle lastre e dal pulviscolo cancerogeno a questo punto si rivolgono alla magistratura, che apre un fascicolo sulle diverse problematiche dell’area di confine. Preoccupazione. Tra i pensieri dei residenti spazio non irrilevante occupano anche i 100mila metri quadri sui quali un tempo sorgevano le fonderie di Quintano e sui quali doveva sorgere un centro commerciale. A metà dello scorso agosto un violentissimo temporale ha sradicato la copertura in lamiera di un capannone e ne ha scagliato corposi frammenti nelle proprietà confinanti.

L’edificio è stato demolito ma le preoccupazioni restano. Sono legate alla possibilità che anche al suo interno siano state abbandonate lastre di amianto, ma anche e soprattutto alla qualità delle acque della falda sottostante l’area che ha ospitato per anni lavorazioni ad alto impatto ambientale.

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