La professoressa: «Il problema è l’uso, non certo il mezzo»

Sul fatto che l’utilizzo precoce di smartphone e social network possa influire sull’andamento scolastico di un ragazzo o di una ragazza, sono concordi gli stessi insegnanti. Ma attenzione: non è da demonizzare il mezzo in sé, bensì l’approccio che viene messo in atto e non bisogna sottacere le responsabilità di coloro che in tale senso dovrebbero educare, ossia degli adulti.
Osserva Simona Sanzogni, insegnante di lettere in una scuola media: «Farei una distinzione tra uso del pc, del tablet o di applicativi che possono aiutare la didattica e, invece, dei video giochi e dei social. Questi ultimi hanno diminuito la creatività dei ragazzi e rallentano lo sviluppo del senso critico; li portano molte volte anche a non instaurare delle relazioni positive. Quando però - sottolinea la docente - offri ai ragazzi un’alternativa concreta, dove possano relazionarsi in maniera sana e recuperare la loro creatività e lo stare bene insieme, le cose cambiano e si dimenticano persino di avere un cellulare».
La prof. racconta di un’esperienza attivata in classe, «l’angolo della lettura», nel quale i ragazzi periodicamente insieme alla loro insegnante, leggono libri di avventura, gialli, testi comunque appassionanti; vengono anche stimolati a scrivere a loro volta dei racconti. Senza che questi momenti si trasformino in un voto riportato sul registro. «È importante che gli alunni non si sentano continuamente oggetto di valutazione, altrimenti ogni esperienza può essere vissuta con disagio».
Vero è che, nel momento in cui un ragazzo riceve il primo cellulare, questo diventa una parte fondamentale della sua vita. «Ma poi – rileva la prof. Sanzogni – sta a noi adulti fare in modo che la tecnologia non venga vissuta come il centro del loro mondo. Il problema non è il telefono o i social, purché vengano proposte delle alternative ricche, interessanti e se c’è una famiglia che insiste sul valore dell’istruzione. Il problema sorge, piuttosto, quando tutto viene proiettato lì». E i grandi spesso non danno il buon esempio. «Quante volte vediamo adulti seduti attorno ad un tavolo, dove ognuno guarda il cellulare e non si parlano tra loro. I ragazzi non fanno che riprodurre questi atteggiamenti».
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