Educazione civica, gli studenti bresciani: «Programmi confusi e professori spesso riluttanti»

A quattro anni dall’introduzione dell’educazione civica come materia trasversale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, quale bilancio si può tracciare? Si tratta davvero, come dicono in tanti, di una novità che è stata più mediatica che sostanziale, oppure queste 33 ore «spalmate» nel corso dell’anno scolastico, dalla primaria alle superiori, stanno contando qualcosa nella vita scolastica degli studenti?
I dati
Se partiamo dai dati, quelli appena pubblicati nel Report Iccs 2024 (International Civic and Citizenship education Study), sembra non ci siano dubbi: gli studenti che hanno avuto educazione civica nel loro piano di studi sono più favorevoli alla parità di genere e all’uguaglianza dei diritti per gli immigrati, più aperti alla diversità, più predisposti verso la protezione dell’ambiente e più propensi a votare alle elezioni.
E pure per quanto riguarda il livello di conoscenza civica (calcolato in una scala da 452 a 583 punti) se la media internazionale, su un campione di 82mila studenti di 22 Paesi, è di 508 punti, quella italiana è decisamente superiore: 523 punti. Insomma, i dati ci dicono che educazione civica non è una materia fantasma, ma permangono delle perplessità soprattutto per come è strutturata: pur prevedendo un voto autonomo in pagella, non ha una cattedra dedicata, la sua programmazione è affidata a ogni consiglio di classe, che sceglie in totale autonomia, e al singolo insegnante, che dovrebbe potersi formare, ma i fondi stanziati a tal fine sono risibili e quindi si fa appello a competenze extra curricolari.
Il nostro sistema scolastico forma studenti, spesso anche molto preparati. L’introduzione dell’educazione civica è il tentativo di andare oltre, è un’occasione per contribuire a sviluppare spirito critico e cittadinanza consapevole. Questo sulla carta, perché le voci degli studenti raccontano altro.
Gli studenti
«Gli anni scorsi - racconta Emma Savani del Liceo scientifico Calini - non mi ricordo di aver fatto nulla di significativo nelle ore di educazione civica, peraltro non ci è mai stato comunicato bene come sarebbero state distribuite ore e programmazione. Ci siamo trovati a trattare argomenti che nulla hanno a che fare con questa disciplina, ad esempio abbiamo visto un video sui vulcani. Quest’anno abbiamo due docenti che hanno preso seriamente in carico la materia, faremo un approfondimento su Hannah Arendt con il professore di filosofia e ne abbiamo fatto uno sulla violenza sulle donne con quello di religione. La sensazione è che per la maggior parte dei docenti sia "un peso". Ed è un peccato, perché potenzialmente è molto interessante».
Per Federico Trebeschi del Liceo scienze umane De Andrè, «è una materia che viene presa totalmente sottogamba dagli insegnanti, alcuni dicono chiaramente che non vogliono "perdere" un’ora e la riducono all’assegnazione di una ricerca o di un compito a casa, che non verrà mai controllato. Insomma, esiste la valutazione ma senza insegnamento». Anche per Marta Savani de Liceo biomedico Copernico, il voto in pagella non basta per dare dignità a una materia: «gli studenti spesso non capiscono da dove salti fuori quel voto, visto che non vengono fatte verifiche ad hoc. L’unico, mesi fa, a intraprendere il percorso di educazione civica è stato il professore d’italiano con il quale abbiamo approfondito il tema del neorealismo nel cinema, molto interessante. Ma bisognerebbe istituire una cattedra, il voto non basta».
Per tutti, così come è strutturata è un’occasione sprecata: per Emma Ballini del Lunardi «è una materia così importante, non siamo solo studenti, siamo anche cittadini e viviamo in una comunità. Per questo non può essere affidata alla volontà o alla motivazione di un insegnante, dovrebbe essere meglio regolamentata. E lo dico perché quello che siamo riusciti a fare quest’anno, in vista delle elezioni europee, dato che sarà il nostro primo voto, per me è stato molto interessante».
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