Ercoli Finzi: «Riusciremo ad andare su Marte ma non prima del 2030»

Nel 1961 è stata la prima laureata in Ingegneria aeronautica. Ieri ha tenuto una lezione all’Università degli Studi di Brescia
Amalia Ercoli Finzi ospite all'Università degli Studi di Brescia nella sede di via San Faustino il 6 febbraio 2024 - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
Amalia Ercoli Finzi ospite all'Università degli Studi di Brescia nella sede di via San Faustino il 6 febbraio 2024 - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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Definirla straordinaria perché è la prima donna che si è laureata in Ingegneria aeronautica, nel 1961, è scontato, addirittura banale dopo averla incontrata e ascoltata. Lei, Amalia Ercoli Finzi, è straordinaria per la sua semplicità. Per saper spiegare temi molto complessi, almeno per i non addetti ai lavori, in modo talmente chiaro e lineare che si potrebbe pendere per ore dalle sue labbra di professoressa, prima ordinaria di Meccanica orbitale e ora onoraria ad Ingegneria industriale del Politecnico di Milano.

L’incontro, avvenuto ieri nella Sala della Biblioteca di Economia, nell’ambito della «Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche» (accolta dal rettore Francesco Castelli e intervistata da Annalisa Pola dell’Università di Brescia), ha confermato quanto i grandi personaggi siano sostanzialmente coloro che riescono a mantenere una semplicità e una concretezza che li rende unici.

Intanto, una notizia. Dopo i primi uomini sulla luna, nel luglio 1969, dovremo attendere la fine degli anni ’30 e i primi anni ’40 del millennio che stiamo vivendo per assistere ai primi uomini su Marte. La scienziata: «C’è ancora molto da lavorare, soprattutto nel garantire un avamposto per proteggerci. In pratica, per trovare un modo di sopravvivere perché Marte, oggi, non è esattamente un pianeta accogliente».

Ercoli Finzi sa entrare nel cuore dei temi, unendo cuore e sapienza. Parlando della «Missione Rosetta» («a proposito, meno male che la stele di Rosetta pesava 760 chili, altrimenti chi l’ha trovata se la portava a casa e la metteva sul caminetto come ornamento») racconta del ruolo che ha avuto di responsabile sia delle cellule solari che alimentavano il lander spaziale che è sceso sulla cometa, sia dello strumento che è sceso sulla cometa per trivellare il suolo. La missione dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, aveva come obiettivo lo studio ravvicinato del nucleo di una cometa. Rosetta perché la missione ha avuto un ruolo chiave per decodificare l’origine del sistema solare, così come la stele di Rosetta ha permesso ai linguisti di decifrare i geroglifici dell’antico Egitto.

«Quando, dopo oltre due anni di ibernazione, sono riuscita a risvegliare il mio strumento, che mi ha risposto con un “ready”, pronto, mi sono messa a piangere dall’emozione perché stavo parlando con un oggetto che era sulla cometa» racconta. Ma racconta, anche, quando decise di iscriversi a Ingegneria aeronautica e in famiglia cercarono di farla desistere: «Amalia, forse matematica è più adatta a una donna», le dissero. Fece Ingegneria aeronautica. E, per farvi capire il personaggio, racconta che il primo anno di università, mosca bianca in quel mondo di uomini, ebbe ben 27 proposte di matrimonio. «Del resto, non c’era molta scelta». E aggiunge: «Essere donna ai miei tempi è stato drammatico, non tanto in università dove prevaleva il merito, quanto nella vita e nel mondo del lavoro. Il consiglio alle ragazze? Preparazione, perché puoi controbattere, nervi d’acciaio perché sei sempre la lente di ingrandimento e un po’ di fortuna. Ora siamo sulla strada giusta per cambiare». 

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