«Al Civile sfida contro i tumori rari»

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Ricerca per curare al meglio la malattia e clinica che non dimentichi l'attenzione nei confronti del malato, nella sua interezza. Questo il «programma» di Alfredo Berruti che da novembre dirige l'Oncologia medica dell'Ospedale Civile.

Proviene dall'Università degli studi di Torino a dall'Ospedale di Orbassano, dove dirigeva l'Oncologia medica. Luoghi in cui ha sviluppato competenze specifiche nei tumori della sfera urogenitale maschile (testicolo e prostata) e dei reni. Di estrazione culturale endocrinologica, si è occupato in particolare di tumori rari endocrini e neuroendocrini, con interessi di ricerca e clinica nei confronti dei tumori della corticale del surrene per i quali ha sviluppato, insieme al suo gruppo di lavoro, lo schema di trattamento standard adottato in tutto il mondo per questa malattia.

«Un bagaglio culturale acquisito che intendo trasferire a Brescia, dove ho trovato un reparto di Oncologia medica di altissimo livello in tutte le sue componenti: l'équipe medica e infermieristica con cui ho iniziato a collaborare è costituita da professionisti di alto livello che adottano nei confronti del paziente un approccio molto umano, attento ai bisogni. Approccio che viene molto apprezzato - spiega Berruti -. Manterremo la collaborazione con Orbassano e l'Università di Torino per progetti di respiro importante e significativo non solo per le terapie nella fase avanzata della malattia, ma anche per la prevenzione post-chirurgica».

«Mi piacerebbe - continua Berruti - trasferire a Brescia le competenze acquisite a Torino. Tuttavia, qui ho incontrato una realtà diversa, con esperienza di alto livello nella cura del tumore della mammella. Il valore aggiunto che potrà dare la mia presenza, a fronte di una clinica all'avanguardia, sarà quello della ricerca. In particolare, ci concentreremo su alcuni aspetti della terapia neoadiuvante prima della chirurgia. Nell'immediato, il tumore della mammella si presta moltissimo a questo approccio e diventerà un punto di altissima eccellenza quando al Civile sarà pienamente operativa la Breast Unit diretta dalla dottoressa Edda Simoncini».
Tra i progetti futuri del neodirettore, quello di incentivare la multidisciplinarietà in Oncologia. Dunque, massima collaborazione con i medici che si occupano di tumori alla prostata, o del distretto cervico-cefalico, di quello neuro centrale, ma anche di tumori al fegato e di melanoma.
«L'unità multidisciplinare è la base della ricerca del futuro e vince su ciascun singolo esperto, anche se bravissimo» sottolinea Berruti.
Nel merito delle competenze, il direttore aggiunge che «gli oncologi devono conoscere sempre più la biologia molecolare, proprio perché le tecnologie sono sempre più sofisticate». «Un aspetto certamente di rilievo che, tuttavia, ha anche il suo rovescio: il rischio è quello di pensare di curare al meglio la molecola perdendo di vista l'interezza della persona che stiamo curando. Per questo, credo che continuerà ad essere alta l'attenzione nei confronti dei pazienti e dei loro famigliari. Ci sono studi clinici randomizzati che dimostrano che adottare i principi delle cure palliative, associandole alle terapie vere e proprie, aumenta la qualità oltre che l'aspettativa di vita del paziente. Per fare ciò, tuttavia, è necessario investire, non solo nella preparazione dei medici, ma anche nella ricerca infermieristica, e questo è il compito e il ruolo dell'Università convenzionata con l'ospedale».

Alfredo Berruti entra nel merito anche dei costi delle cure, che lievitano a fronte di farmaci biologici di ultima generazione, costosissimi ma spesso necessari per dare speranze ai pazienti e per compiere passi avanti, se non nella guarigione, almeno nel miglioramento della qualità di vita.

«Per ora non abbiamo mai avuto problemi e i farmaci per curare i malati oncologici vengono erogati gratuitamente, ma è evidente che se i costi dovessero lievitare ulteriormente, ci si dovrà porre il problema - continua -. Che fare, allora? Innanzitutto, darsi delle regole che stabiliscano l'esatto rapporto costi-benefici. Insomma, sapere se l'utilizzo di farmaci molto costosi porta benefici alla qualità e quantità di vita del paziente, oppure no. Il ruolo del medico, in questo, è molto delicato ed è lui che è in grado di selezionare le caratteristiche di una determinata patologia, in un determinato paziente, che possano predire la maggiore o minore efficacia di una molecola. L'obiettivo di un futuro nemmeno troppo lontano è quello di avere a disposizione farmaci a bersaglio molecolare, in grado di dare grandi benefici a patto che si riesca a selezionare il bersaglio attraverso marcatori biologici. Il futuro, dunque, non potrà prescindere dai marker predittivi e l'apertura, a breve, dell'Istituto di Medicina molecolare finanziato dall'Ail (Associazione italiana leucemie, linfomi e mieloma) al Civile permetterà di puntare sempre più sulla ricerca traslazionale».

Anna Della Moretta

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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