Il compito dei ricercatori? Aprire a tutti l'hi tech sostenibile

«L’evoluzione tecnologica verso obiettivi di sviluppo sostenibile sarà la bussola dell’innovazione sociale dei prossimi anni». Le parole pronunciate da Maria Chiara Carrozza, ospite degli Unibs Days organizzati dalla Statale, sintetizzano perfettamente la direzione che il mondo, della ricerca, politico ed economico, sta prendendo o dovrebbe prendere. Hanno inoltre un peso enorme perché a pronunciarle è la presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, principale ente pubblico italiano volto all’innovazione, nonché ex rettore della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e già Ministro dell’Istruzione. «La tecnologia sostenibile rappresenta una delle frontiere della ricerca, così come il cervello in campo medico o lo spazio in quello fisico - sottolinea la docente universitaria in ambito bioingegneristico in dialogo con il rettore Maurizio Tira e il suo vicario Francesco Castelli -. Credo infatti che ogni step tecnologico sia positivo».
Strenua difensore dell’innovazione, «si pensava che i robot ci avrebbero sostituito invece ora ci accompagnano nelle azioni quotidiane» afferma, Carrozza è però più che conscia delle criticità legate ad un progresso sempre più veloce. Stimolata dalle domanda di Tira, la presidente del Cnr evidenzia infatti come «la microelettronica faccia miracoli ma porta con sé un enorme problema, quello dell’impatto ambientale». La sempre maggiore potenza di calcolo e la miniaturizzazione dei componenti «fanno infatti modo che la produzione di calore cresca. Non c’è nulla di strano, è un semplice fenomeno fisico e per questo osservabile e analizzabile - rimarca -. È un dilemma che da sempre affligge l’uomo quando si spinge avanti con la ricerca, prima o poi l’ambiente fa sentire la sua voce».Ecco perché lo sviluppo sostenibile deve essere la bussola del mondo accademico, «il quale deve lavorare superando le barriere tra discipline, lasciandosi alle spalle l’iperspecializzazione figlia dell’800 per fare un passo indietro con lo scopo di farne due in avanti».
L’esempio è quello delle botteghe rinascimentali dove la scienza era molto più universalistica, per giungere a quella «transdisciplinarietà» auspicata da Castelli. «Va trovato un equilibrio tra settorializzazione e universalismo» precisa Carrozza, anche al fine di superare quelle diseguaglianze che inevitabilmente la tecnologia si porta dietro. «Ogni rivoluzione industriale ha determinato crescite asimmetriche - spiega la presidente del Cnr -, e ciò accade anche oggi, tra Paesi così come all’interno delle singole nazioni. Il nostro compito di ricercatori è perciò anche quello di rendere accessibili le tecnologie a tutta quanta la popolazione, senza distinzioni di alcun genere». Perché il futuro deve essere di tutti.
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