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Brand e marketing: la storia d'impresa in un museo

Non sarebbe male se, anche in vista del 2023, a Brescia ci fosse un sussulto d’orgoglio industriale
Uno scorcio del museo Campari a Milano
Uno scorcio del museo Campari a Milano
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Quanto vale la storia di una impresa? Intendo dire: quanto vale dal punto di vista pratico, concreto, persino da contabilizzare, da segnare nel bilancio del cuore ma anche da valorizzare come asset intangibile, come si dice oggi. Allora: quanto vale la nostra storia? I tecnici del marketing normalmente dicono che vale una montagna di soldi, dicono che il successo di tanti marchi altro non è che la somma dei molti giorni dalla fondazione. È un tema anche sentimentale, come si intuisce, ma è anche qualcosa che va oltre, che sostiene un futuro, che contribuisce ad avere nuovo futuro.

E quindi non è detto che solo i grandi o grandissimi gruppi possano avere un loro museo, possano permettersi di avere in bell’ordine pezzi della loro storia. Potrebbero farlo anche le aziende più piccole, nel loro piccolo, s’intende. Mi veniva questa idea leggendo tempo fa dell’iniziativa di Museimpresa e del Politecnico di Milano che hanno fatto un accordo per misurare l’heritage che è, per l’appunto, il valore della storia. Non sarebbe affatto male se, anche in vista del 2023 e dell’incoronazione a capitale nazionale della Cultura, a Brescia ci fosse un sussulto d’orgoglio industriale.

Non serve essere Toyota, o Fiat o Beretta per avere un museo. Qualcosa anche di piccolo, che segni un inizio nel raccogliere quel che si è stati, un posto di divulgazione per le scuole ma anche un posto per far conoscere ai clienti quel che siamo stati, un modo per sfogliare album e vecchie carte ovvero per dire che abbiamo un grande futuro dietro le spalle.

 

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