Lezioni da remoto dalla seconda media: come è la nuova scuola

Col nuovo Dpcm, le scuole superiori vanno in Didattica digitale integrata, con lezioni da remoto al 100% per le scuole superiori e, nelle regioni a maggiore rischio di contagio - come la Lombardia - a partire già dalla seconda e terza media. L’indicazione della Ddi, al posto della Dad (acronimo della Didattica a distanza) è significativa: infatti in generale, e incluse le zone rosse, la presenza viene garantita per i laboratori e per gli studenti con bisogni educativi speciali.

Le scuole non chiudono, dunque, non tutte e non del tutto. Secondo il monitoraggio effettuato dall’Ust, conclusosi ieri, circa 12mila studenti degli istituti superiori di città e provincia, cioè il 22% del totale (64mila) potranno continuare a frequentare «dal vivo» le attività laboratoriali. Si tratta di una quota della popolazione scolastica variamente distribuita e concentrata nei Cfp, dove la media sale al 30%, con picchi del 50%.

«Non possiamo che applicare le norme - afferma il provveditore Giuseppe Bonelli -: essendo inclusi nelle regioni a massima allerta, garantiremo l'offerta formativa in presenza sino alla prima classe della secondaria di primo grado, e poi per le attività laboratoriali strettamente necessarie e per gli studenti che non sono nelle condizioni di seguire da casa le lezioni».

La rilevazione effettuata è frutto di un lavoro certosino a cura della prof. Daria Giunti che mette in guardia sulla «fluidità» dei dati, dovuta ad una situazione in evoluzione. Sono state 76 le istituzioni scolastiche, su 116 complessivamente (il 66%), ad aver risposto al questionario riguardante organizzazione delle lezioni pratiche in laboratorio e orari, che, come richiesto dall’Agenzia del Tpl Brescia, vanno ricompattati come orari, per garantire un servizio pubblico efficiente pur con le necessarie rimodulazioni.  A non aver compilato il modulo sono stati per lo più i Centri di formazione professionale, ma banalmente - nota Giunti - perché il laboratorio è il cuore del loro percorso formativo e, come tale, è scontato che prosegua. Sì e no. Quanto all’area Brescia città e Valtrompia, uno degli ambiti più rappresentativi, che in base alle prescrizioni dovrebbe movimentare in presenza 2.500 ragazzi, hanno risposto all’appello 32 plessi: tra questi, 13 scuole paritarie, di cui 5 non attiveranno laboratori e 11 (su 17) istituzioni statali, con il «no» da liceo Calini e Iis Sraffa, mentre tutti gli altri partecipanti - Pastori, Beretta, Mantegna, Itis Casteli, Fortuny, Ballini, Primo Levi, Tartaglia Olivieri, Leonardo - terranno laboratori, in un range compreso fra il 20 e il 30%. A non aver risposto sono stati prevalentemente i licei, non essendo per vocazione calibrati su questo tipo di offerta formativa, così come una parte dei Cfp, per ragioni però opposte. Le università. Qualcosa cambia, con i nuovi provvedimenti, anche per le università bresciane, che pure avevano adottato per molti insegnamenti la modalità Dad.

«Torniamo a distanza con le lezioni e le altre attività curriculari - dichiara il rettore di UniBs, Maurizio Tira   -. Abbiamo iniziato il semestre nella speranza di poter tornare ad una graduale normalità, ma la situazione impone queste restrizioni ulteriori. Gli stabili universitari restano tuttavia aperti, perché la ricerca scientifica non si ferma». All’Università Cattolica, la didattica sarà erogata in diretta streaming secondo la programmazione prevista dall’orario accademico disponibile sul portale e sull’app iCatt. Anche esami, sessioni di laurea, convegni si svolgeranno da remoto almeno fino al 3 dicembre. Sono garantiti comunque, per entrambi gli atenei, i servizi di biblioteche e aule studio, su prenotazione.ScuolaLe restrizioni del Dpcm