Scuola

Finisce un anno scolastico che non verrà dimenticato

A distanza e d'emergenza. Tanta dispersione dopo quel 5 marzo nel quale sono state sospese le lezioni frontali
"CENTRALITA' ALLA SCUOLA"
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La scuola è finita. E che scuola! Un'annata eccezionale. Tutti ne siamo convinti: giovani studenti, genitori, professori. Abbiamo vissuto un periodo imprevedibile (speriamo di non ripeterlo però eh) che non dimenticheremo. «Cari studenti, siete stati attori di una storia che resterà conservata per sempre nelle vostre menti. La difficoltà di questo tempo inatteso e sospeso via ha insegnato cose che avranno immenso valore nella vostra vita futura. Vi auguro serene e sane vacanze», ha scritto un dirigente scolastico di un liceo romano salutando i ragazzi, e in quel sane vacanze c'è tutto un sottinteso fatto innanzitutto di socialità dal vivo.

Gli studenti che il 5 marzo avevano appreso con gioia la chiusura delle scuole per l'emergenza coronavirus, immaginando di bighellonare, studiacchiare, incontrarsi tra loro, fare insomma più o meno la vita di prima senza andare in classe hanno dovuto fare i conti subito dopo con una segregazione forzata, alla quale si sono adeguati: collegamenti alle 8 di mattina, tanti compiti da fare, interrogazioni frequenti e attenzione costante, tutti i giorni, tutte le mattine.

Lasciamo perdere che molti dopo aver risposto presente all'appello si sono rituffati sotto le coperte ma prima o poi hanno affrontato la lezione e pazienza se erano in mutande e ciabatte. I professori non sono stati meno colpiti: a parte i docenti più giovani, quelli più in là con gli anni hanno fatto una conversione sul digitale a tempo di record quando magari non ne erano capaci o desiderosi. Hanno imparato zoom, teans e altre diavolerie di cui avrebbero fatto volentieri a meno. Hanno fatto lezione, vestiti come se fossero in classe, ad un'aula virtuale in cui la maggior parte ha preferito oscurare il video e quindi la frustrazione di parlare al nulla deve essere stata forte. Loro hanno insegnato impassibili, chiamando all'appello gli alunni per capire il loro livello d'attenzione, chiedendo, scongiurando ai ragazzi fatevi vedere. Spesso hanno dato troppi compiti agli studenti ma molto spesso si sono rivolti con un'empatia che in tempi normali avevano forse represso. Ogni giorno le lezioni finivano con saluti affettuosi, abbracci virtuali, ragazzi vi voglio bene. I genitori poi, anche loro hanno avuto da fare con la scuola: la dad, il nome che non significa papà dall'inglese ma didattica a distanza, ha significato spesso un gran supporto nei compiti oltre che emotivo.

La scuola si è messa alla prova e ci ha messi alla prova un po' tutti. Molte critiche ci sono state per la decisione italiana di non aprire le scuole più neppure nei giorni finali, come invece è accaduto in Francia e in altri paesi europei. Alcuni insegnanti hanno dato appuntamento nei parchi riaperti per ultimi saluti a distanza, foto di gruppo con mascherine. E la speranza che a settembre ci si riveda tutti, in presenza, con aule sanificati e protocolli di sicurezza, è qualcosa di concreto dopo che il 6 giugno è stato firmato il decreto scuola e si attendono con ansia le linee guide per la ripresa.

Non a caso l'ultima campanella, coincide non a caso con uno sciopero generale e una manifestazione a Roma: «Serve un piano, finanziato da un provvedimento legislativo organico, altrimenti a settembre non si riuscirà a ripartire», come ha sottolineato Pino Turi, segretario generale Uil Scuola. Tanti bambini hanno accusato sindromi ansioso-depressive per il confinamento sociale e sono allo studio medico le conseguenze di quello che è stato vissuto. In questo quadro, di emergenza senza dubbio, c'è chi è rimasto indietro: sono quegli studenti che abbiamo perso, ragazzi spariti dai radar dei professori, che hanno smesso dai primi giorni di marzo di collegarsi alle piattaforme per la scuola a distanza e a nulla sono valsi i richiami della scuola a quelle famiglie. È un vero e proprio dramma: ragazzi inghiottiti nel nulla della dispersione scolastica, spesso figli del disagio e anche di genitori stranieri. Il digital device ha ulteriormente sottolineato queste divisioni. Nessun dato ufficiale ancora ma c'è da aspettarsi numeri tragici.

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