Metotrexato, il farmaco testato a Brescia contro il coronavirus

Da uno studio dell'Università Statale e della Bicocca buoni risultati contro il Covid con un «anti-tumorale»
Un vecchio farmaco, il Metotrexato, darebbe buoni risultati contro il virus
Un vecchio farmaco, il Metotrexato, darebbe buoni risultati contro il virus
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Un farmaco antinfiammatorio, usato da decenni per la cura di malattie oncologiche e artrite reumatoide, ha dimostrato di avere forti effetti antivirali nella sperimentazione «in vitro». Il Metotrexato, riuscendo ad affamare il Sars-Cov-2, ovvero a bloccare l’energia che la cellula gli deve dare per replicare, limita i danni dei virus nei pazienti più lievi o ai primi sintomi. La scoperta è stata fatta da ricercatori delle Università di Brescia e di Milano-Bicocca. I risultati sono pubblicati sul Journal of Medical Virology.

«Si tratta di un approccio nuovo alla terapia antivirale - spiega Arnaldo Caruso, docente di Microbiologia all’Università degli Studi di Brescia e presidente della Società italiana di Virologia - che parte dalle nostre conoscenze su Sars-Cov-2. Un virus che ha bisogno di replicare continuamente nella cellula che infetta altrimenti viene degradato ed eliminato. Il Metatrexato toglie energia alla cellula impedendo che il virus replichi. Con questo semplice meccanismo noi possiamo bloccare il virus ed i suoi effetti di sviluppo della malattia, la Covid-19. Non essendo un farmaco diretto verso componenti virali, non dobbiamo temere che mutazioni del virus possano in futuro renderlo inefficace. Se, poi, consideriamo i già noti effetti antinfiammatori del Metotrexato, la sua efficacia nei pazienti Covid potrebbe diventare ancora più significativa. Una speranza in attesa della sperimentazione sul paziente».

Sperimentazione che dovrebbe partire a breve per la fase 2 (definita anche terapeutico-esplorativa) con l’arruolamento di pochi pazienti da parte della Bicocca. Se i risultati saranno promettenti, si passerà alla fase 3 con la partecipazione di un numero più alto di persone e con il convolgimento diretto di Brescia.

L’idea dei ricercatori è stata quella di intervenire non sul virus, ma sulle cellule ospiti dei pazienti lievi o ai primi sintomi: se si blocca la produzione di nucleotidi (unità che compongono le molecole di Dna), il virus non riceve più materiali per fare copia di se stesso. Viene, per così dire, «affamato» e non può proliferare all’interno dei polmoni nè migrare in altri distretti del corpo. Quindi, ne viene limitato il potenziale infettivo.

Il Metotrexato è stato sperimentato su cellule in vitro nel Laboratorio di Microbiologia dell’Università di Brescia, diretto da Arnaldo Caruso. Il farmaco, usato da decenni per terapie antitumorali e patologie autoimmuni, è in grado di inibire la biosintesi delle purine, uno dei costituenti dei nucleotidi che vengono prodotti dalle cellule per costruire il proprio Rna, l’acido ribonucleico che costituisce il corredi genetico di Sars-Cov-2.

La nuova prospettiva terapeutica emerge in una fase in cui «grande è il fervore scientifico» come dichiara Caruso. Infatti, solo in Italia l’Aifa ha autorizzato 45 studi clinici, la maggior parte dei quali in corso. Di tutti i farmaci testati dall’inizio della pandemia, tuttavia, solo tre si sono dimostrati realmente efficaci e sicuri: il remdesivir, il desametasone e l’enoxaparina.

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