La sindrome della tana, la difficoltà di ritrovare spazi e tempo

La dottoressa Patti prova a spiegare perché gli adolescenti faticano a uscire dopo il lockdown per il coronavirus
Il lockdown ha fortemente inciso sulla salute mentale specie dei più giovani - © www.giornaledibrescia.it
Il lockdown ha fortemente inciso sulla salute mentale specie dei più giovani - © www.giornaledibrescia.it
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Chi si aspettava che tutti sarebbero corsi fuori casa alla fine del lockdown è rimasto sorpreso: gli adolescenti, o almeno alcuni di loro, hanno saputo stupirci. E probabilmente non proprio in modo positivo.

Gli esperti la chiamano «sindrome della tana», «una definizione didascalica - spiega Maria Silvana Patti, psicologa e psicoterapeuta -, che non può però etichettare un fenomeno più complesso». Il fenomeno in questione è il desiderio manifestato da quella parte di ragazzi che non brama il ritorno alla socialità dopo la quarantena: restare a casa. Possibile? Sì.

«L’essere umano sa adattarsi alle situazioni - spiega la dottoressa Patti -, sono le fasi di transizione, come questa, quelle che lo destabilizzano di più perché è chiamato a rimettere in gioco le sue competenze». Non solo: «Ci sono ansie che la quarantena ha sopito, col limitare l’esposizione agli altri, e questo ha influito soprattutto sugli adolescenti».

Se i casi di ritiro sociale tra i giovani erano già in aumento prima del Covid, gli esperti ipotizzano che la situazione possa peggiorare dopo settimane in cui molti si sono rifugiati nella rete, al di là dell’utilizzo che se ne è fatto per la parte scolastica. Un mondo, quello online, senza tempo. Ed è proprio il tempo, con la sua gestione, quello che rischia di mettere più in crisi gli adolescenti. «Li abbiamo abituati ad avere una vita con spazi e tempi programmati - continua Patti -, tra allenamenti, corsi e lezioni. Spazi che ora, per via dell’emergenza sanitaria, non trovano perché sono chiusi, e tempi sospesi perché non ci sono attività in agenda da fare. I ragazzi devono dunque imparare a strutturare da soli il loro spazio e il loro tempo», e non per tutti è un’operazione immediata e naturale.

Come aiutarli? «Il primo passo può essere quello di favorire il contatto con piccoli gruppi di amici, ovviamente nel rispetto delle regole per il contrasto del contagio». E poi, ancor più importante, c’è la componente emotiva. Qui il ruolo dei genitori è fondamentale: «Le emozioni si trasmettono, proprio come il virus - spiega la psicologa -: trasmettere sicurezza, spiegare quello che accade e alimentare il loro senso di responsabilità è cruciale. Il clima emotivo che c’è in famiglia - conclude - è la chiave per affrontare questa fase di transizione».

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