GdB & Futura

Se i cobot entrano in fabbrica: Camozzi e Sabaf si raccontano

Incontro all’Ucimu: a Polpenazze una decina di Yumi entro l’anno e la strategia di Ospitaletto
Yumi al Pdf di Palazzolo, lo scorso settembre
Yumi al Pdf di Palazzolo, lo scorso settembre
AA

La nuova frontiera dell’innovazione manifatturiera è quella tracciata dai «Cobot», i robot collaborativi, quelli che possono lavorare gomito a gomito con noi umani. Come quelli che il Gruppo Camozzi sta attivando dopo l’adozione di Yumi, il robot collaborativo di Abb, all’interno dello stabilimento Camozzi Automation di Polpenazze del Garda.

«Abbiamo iniziato a utilizzare il primo Cobot all’inizio del 2017. Entro la fine dell’anno, presso lo stabilimento di Polpenazze, saranno installate altre «isole digitali cobotizzate», che comprenderanno una decina di questi sistemi hi-tech di nuova generazione», anticipa Cristian Locatelli, direttore generale di Camozzi Digital, società nata nel 2015 per sviluppare l’innovazione del Gruppo bresciano specializzato nell’automazione industriale. L’occasione per fare il punto della situazione, e indicare gli scenari di sviluppo della robotica all’interno della manifattura italiana, è stata data da un convegno organizzato nei giorni scorsi dalla Siri (Associazione italiana di robotica e automazione), presso la sede milanese di Ucimu, l’associazione delle aziende di macchine utensili e robot industriali.

Incontro a cui ha preso parte un’altra importante realtà manifatturiera bresciana, la Sabaf di Ospitaletto, che produce componenti per elettrodomestici, quotata nel segmento Star di Borsa italiana. «In Sabaf la robotizzazione è nata perché dovevamo produrre tanti pezzi uguali, garantendo la stessa qualità, in diversi stabilimenti nel mondo», dice il direttore tecnico, Massimo Dora. «Ma oltre a rendere meno ripetitivo e faticoso il lavoro delle persone - sottolinea -, abbiamo compreso che grazie all’automazione 4.0 potevamo diventare più competitivi: dovevamo robotizzare per gestire la polverizzazione della domanda».

E così dal 2013 al 2017 l’azienda ha investito 4 milioni in automazione, e oggi utilizza 100 robot installati nelle diverse fabbriche, tra Italia, Turchia, Cina e Brasile. Oltre a poter clonare ovunque lo stesso prodotto, attraverso la standardizzazione dei processi, «è stato possibile aumentare la varietà dei prodotti e ridurre il numero di pezzi che compongono i lotti», fa notare Dora: «da 19mila codici e 4mila pezzi medi per lotto, oggi siamo passati a 29mila codici e 700 pezzi per lotto, riducendo anche il time-to-market». E rimarca: «Attraverso l’automazione abbiamo liberato tempo alle persone, che ora possono svolgere un lavoro di qualità superiore».

La competenza degli specialisti, in pratica, è il «saper fare» utilizzato per sviluppare nuova automazione, che a sua volta libera risorse umane per altre mansioni e crea nuovi tipi di lavoro. «Proprio grazie all’esperienza e alle competenze dei nostri tecnici - spiega il direttore generale di Camozzi Digital -, abbiamo creato diverse soluzioni e software innovativi: un algoritmo in grado di ridurre il consumo e i costi operativi delle macchine utensili; un altro algoritmo con cui è possibile allungare la vita e l’utilizzo degli olii; e una nuova soluzione applicabile nelle fonderie di ghisa, per la manutenzione e il monitoraggio dei parametri di processo, per garantire la qualità delle fusioni».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia