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Cos'è e a cosa serve la disruptive innovation?

a cura di Project Group
Non è così complicato come sembra: si tratta di prevedere i bisogni del cliente del futuro, semplificando prodotti già esistenti
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La migliore introduzione al tema della disruptive innovation è parlare del best seller «The Innovator's dilemma», una pietra miliare sul percorso, non sempre facile e lineare, di comprensione del significato di innovazione.

Uno degli aspetti fondamentali sottolineati da Clayton Christensen - autore del libro - è la distinzione dell'innovazione in due tipologie di categorie:

  • sustaining Innovation: miglioramento in seguito al rilievo di non conformità, reclami dei clienti, desiderio di soddisfare meglio i clienti esistenti;
  • disruptive Innovation: un’innovazione che prende le mosse da mercati di nicchia per poi espandersi fino ad intaccare la visione tradizionale di un certo prodotto.

Le principali caratteristiche della disruptive innovation
La principale differenza è che la sustaining innovation è orientata verso i bisogni attuali dei clienti mentre, la disruptive innovation è un processo che porta a soddisfare i bisogni dei clienti del futuro.
La definizione che proponiamo per questa tipologia di innovazione è questa: «con il termine Disruptive Innovation si fa riferimento ad un tipo di innovazione che rende prodotti e mercati di nicchia accessibili a tutta la popolazione, intervenendo sulla semplificazione del prodotto e sulla conseguente diminuzione di prezzo».

Non un'innovazione che distrugge, bensì un'innovazione che diffonde. Cosa? Prodotti già esistenti, ma esageratamente complessi e costosi per essere destinati alla maggioranza dei clienti. Come? Studiando i mercati di nicchia, scomponendo i paradigmi esistenziali di certi prodotti e trasformandoli in prodotti di più facile utilizzo ed acquisto, avviando di fatto un processo che porterà prodotti, già esistenti ma destinati a pochi, ad essere accessibili alla grande maggioranza della popolazione.

Il nuovo ciclo di vita dell'innovazione disruptive
Come può un'azienda attivare un'innovazione cosiddetta disruptive? Seguendo le orme di organizzazioni come Uber e Airbnb, per citarne due, che oggi hanno raggiunto il successo e milioni di utenti. Ecco una sintesi delle fasi da attivare:

  1. giocare con nuovi attributi del prodotto sacrificando caratteristiche tradizionalmente considerate vitali per il prodotto;
  2. sperare che la maggior parte dei clienti condivida la priorità dei nuovi attributi del prodotto: la disruption è fatta;
  3. trasformare prodotti prima complessi e costosi in prodotti accessibili alla grande maggioranza della popolazione;
  4. raggiungere il successo.

Alcuni esempi vincenti? 
Il passaggio dal lettore cd all'Mp3: nonostante qualità audio molto scarsa, l'Mp3 è riuscito a sostituire il lettore Cd puntando sulla possibilità di offrire un numero molto maggiore di canzoni agli users. Oppure l'introduzione di semplici app per smartphone dotati di dispositivo Gps, che trasformano il dispositivo in un vero e proprio navigatore portatile, da utilizzare negli spostamenti in automobile, una novità che ha scosso l’attenzione di aziende come TomTom e Garmin, leader mondiali nei prodotti per la navigazione. 

Ma la Disruptive Innovation non consiste sempre in un’innovazione tecnologica: lo dimostra Airbnb, il portale online che mette in contatto persone da ogni parte del mondo in cerca di alloggio, per un breve periodo di tempo, con privati che hanno a disposizione di uno spazio extra da affittare: un modello di alloggio peer-to-peer, per coloro che cercano un’esperienza “locale”, in aree non turistiche e a prezzi contenuti.

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