GdB & Futura

Costretti a vedere come sarà il futuro: l’auto 2050 per la Sil

Lumezzane (e non solo) e le nuove sfide: come e cosa si ricerca in Saleri? Un tema: le risorse umane
  • L'azienda Sil di Lumezzane
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Le ultime chiazze di neve, i primi scrosci di primavera. E poi la macchia nera dell’incendio che qualche settimana fa ha sfregiato il magazzino. Sil-Saleri Italo 1-2-3, porte, cancelli e siti tutti su in Faidana, distesi e attaccati com’è inevitabile. L’incendio costringerà ad un pezzo di trasloco a Provaglio d’Iseo, capannone già trovato e in via di sistemazione.

Capire e sapere quel che si potrà fare sul prodotto (non sulla fabbrica) fra quattro-sei-magari dieci anni. Qui addirittura hanno varato un progetto 2050, per dire che vogliono guardare ben oltre. Alla Sil fanno automotive, componenti per auto e dintorni, e in particolare pompe acqua e sistemi di raffreddamento per Bmw, Audi, Daimler Mercedes, Fca, Ferrari e Aston Martin.

Ma stare con i giganti non dà solo vantaggi (da lassù il futuro si vede meglio, come noto), ma comporta anche qualche obbligo. Per esempio stare al passo con chi corre. E l’esercizio non è sempre facile, a maggior ragione di questi tempi recentissimi, dove il dibattito ruota attorno al diesel sì-diesel no o forse, e per meglio dire, diesel fino a quando?

E quando parliamo di dibattito, ad evitare equivoci, qui significa progetti. E quindi la domanda delle domande è: come si ci prepara all’auto che verrà? Come si attrezza un’azienda? Che accade fra il committente gigante e il fornitore? Alla Sil incontro Marco Pedersoli (responsabile della Ricerca e Sviluppo) e Stefano Gatti (responsabile delle Risorse umane). Insieme non a caso: mai come adesso il futuro possibile corre sulle gambe e con la testa di progettisti, ingegneri, tecnici. Il futuro impone cambi tecnologici.

Si parte da qui. E quindi - ed è la sfida dicono i due - «servono nuove competenze per progettare cose che non ci sono. Cose non per il domani, ma per il dopodomani. Bisogna costruire le competenze». D’accordo, nuove competenze. Ma indirizzate per dove? Quali sono gli ambiti d’intervento e ricerca attorno ai quali oggi il settore auto ruota?

«Essenzialmente - dice Pedersoli - sono tre: l’auto dovrà pesare meno, avere minori attriti, fare meno rumore». Tradotto: meno consumi, più prestazioni, essere più confortevole per chi guida e l’ambiente. E tutto questo prescinde dal fatto che l’auto sia o meno elettrica? «In linea di massima sì. Adesso si tratterà di vedere come evolve il tema diesel sì-diesel no. E poi, altro tema, toccherà vedere e misurare quanto ecologica sia l’auto elettrica. L’energia da qualche parte bisognerà pur produrla e anche questo ha un costo ambientale. Insomma: avanti con cautela. Anche l’auto autonoma è fatta, ma ci sono alcuni aspetti da valutare (quello della responsabilità del guidatore, ad esempio) e la legge quindi è cauta a dare semaforo verde».

Nel concreto un’azienda come la vostra che fa per avere, appunto, le nuove possibili idee necessarie per l’auto del domani? «Facciamo tante cose e la prima virtù che dobbiamo avere è l’umiltà di voler imparare. Su 400 addetti della Sil, il 15% è impegnato in ricerca e sviluppo. Abbiamo i generatori di idee che le fanno circolare.

Un aspetto importante è l’esame dei brevetti che il settore auto genera nel mondo (noi ne abbiamo 500). Studiamo i brevetti degli altri, li facciamo girare e tutti devono fare un commento. Ma poi riesumiamo nostri vecchi brevetti ormai scaduti e in qualche caso ci diciamo che spesso è sbagliato arrivare troppo presto. Una tecnologia sfonda quando il mercato l’accoglie. Il lavoro sui brevetti è importante anche perchè ci dice dove non dobbiamo andare: lì qualcuno è già arrivato».

Voi state pensando al 2050 e, forse fra il serio e il faceto, è stato detto che in un team che guarda così lontano potrebbe entrare anche un filosofo. «Si voleva dire che su temi così futuri c’è necessità di avere qualcuno che dia coordinate ed idee che a noi ingegneri classici sfuggono, qualcuno che abbia nuove sensibilità. Diciamo filosofi ma potrebbero essere anche sociologi o designer, qualcuno - conclude Marco Pedersoli - che porti dentro le nuove tendenze possibili, il futuro».

 

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