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Agrifood, praterie da conquistare per il futuro

Il 4.0 «agricolo» vale 450 milioni (+22%). Ma serve fare crescere i processi di smart farming
Trattori e macchine hitech in campo sorvegliate e gestite da un drone - © www.giornaledibrescia.it
Trattori e macchine hitech in campo sorvegliate e gestite da un drone - © www.giornaledibrescia.it
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Il 4.0 entra in agricoltura, se non di prepotenza, certamente di buon passo. Con un valore di 450 milioni di euro (il 22% in più rispetto al 2018), 415 soluzioni disponibili, 160 aziende, fra tradizionali e start up, che in qualche modo lo utilizzano, il 4.0 ha sempre più appeal.

Perché? «Per tre ragioni principali - spiega Filippo Renga, del Politecnico di Milano e condirettore dell'Osservatorio Smart Agrifood - prima di tutto per la sostenibilità economica, poi per quella ambientale e, infine, per quella sociale». Ci sono due nodi. Maggiore efficienza e di conseguenza competitività delle aziende, anche sugli scenari internazionali, stanno sempre più indirizzando verso soluzioni smart.

Tutto bene, quindi? Quasi. Perché vanno superati due nodi. Il primo dice di come ci si concentri ancora soprattutto su soluzioni che hanno a che fare con l'agricoltura di precisione (vale a dire quel che avviene in campo: semina, raccolto ecc.), mentre perché il 4.0 sviluppi tutte le proprie potenzialità occorre applicarlo anche allo smart farming (i processi che avvengono, invece, fuori dal campo).

Il secondo evidenzia come, imprenditori e addetti, manchino ancora di formazione specifica con un gap culturale fra ciò che il 4.0 propone e la capacità di capirne fino in fondo le potenzialità, da un lato, e dall'altro, una volta imboccato quel percorso, di sfruttarne appieno le caratteristiche. Dal campo allo scaffale. Al netto da queste considerazioni va detto che i risultati della ricerca dell'Osservatorio Smart Agrifood dello School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell'Università degli Studi di Brescia sono incoraggianti. Lo confermano i dati presentati al convegno online «Il digitale è servito! Dal campo allo scaffale, la filiera agroalimentare è sempre più smart».

«E' un settore in fermento, quello fotografato nella nostra indagine del 2019 - precisa Andrea Bacchetti di Unibs e condirettore dell'Osservatorio -. Sia dal punto di vista dell'offerta di soluzioni che da quello delle aziende che decidono di servirsene». Più internet farming. Se il valore assoluto, abbiamo visto, è di 450 milioni, le percentuali dicono che la parte del leone la fanno tre voci: sistemi di monitoraggio e controllo (39%), sofware gestionali (20%) e macchinari connessi (14%). «Il mondo agricolo è ancora troppo sbilanciato sulla precision farming piuttosto che sull'internet farming - conferma Marco Perona, direttore scientifico dell'Osservatorio -, anche se proprio l'emergenza di queste settimane ha fatto capire quanto il digitale sia fondamentale nell'agroalimentare».

Sarà interessante capire come il settore reagirà a questa nuova situazione. La laurea triennale. Poi c'è la partita della formazione che manca sia tra gli imprenditori che faticano a ragionare in termini innovativi, che fra gli operatori che, troppo spesso, non sanno dove mettere le mani «e di questo si devono far carico le università - conclude Perona -, a Brescia abbiamo cominciato con la laurea triennale in Sistemi agricoli sostenibili, da poco partita».

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