Le imprese (e il Pil) vanno meglio del previsto al di là (ed oltre) della corsa al merito

Non è un mondo meraviglioso, ma poteva andar peggio. C'è una qualche sorpresa nel leggere i dati e le previsioni che si assegnano al cosiddetto quadro economico. Ed è una valutazione complessivamente confortante: l'economia italiana va meglio del temuto e, pur con qualche timore, il 2023 – anno preannunciato a fine anno come di possibile recessione – potrebbe anche chiudere in modo positivo. Quando in autunno il governo Draghi stimava una possibile crescita per quest'anno allo 0,6% qualcuno alzò il baffo considerando che il prezzo del gas, allora, stava sui 200 euro al Mwh e considerando ancora la stretta sui tassi che la Bce aveva avviato.
La Commissione Ue, ad esempio, prevedeva un +0,3% e così la Banca d'Italia e l'Ocse, mentre il Fondo monetario stimava un -0,2%. Ora, c'è tempo per arrivare a fine anno ma, per ora, i primi dati dell'anno sono discretamente incoraggianti e Fondo monetario e Banca d'Italia immaginano un +0,6%. A giorni avremo i dati del primo trimestre ma i dati della produzione industriale e della fiducia delle imprese sono, mi ripeto, incoraggianti. Se il dato sarà positivo eviteremo di cadere nella «recessione tecnica» visto che l'ultimo trimestre del 2022 (il più duro) ha chiuso a -0,1%.
Se il dato sarà positivo ci si consolerà e magari andremo anche un po' orgogliosi di far meglio (come possibile e come da quasi due anni accade, mai successo) di Francia e Germania.
Ovviamente c'è la corsa a rivendicare i meriti di questi non disprezzabili successi, in primo luogo ascrivibili alle imprese ma, come spesso capita, la politica (anche giustamente) ci vuol mettere il cappello.
E qui si apre una sorta di teatrino non nuovo ma sempre stucchevole e stupido. Ovvero: di chi è il merito (o in casi contrari il demerito)? Dobbiamo intenderci: non è possibile che se le cose van male (e alcune ci sono, ovviamente) la colpa sia di chi c'era prima al governo e invece per le cose che van bene (e ce ne sono) il merito sia di chi al governo ci sta adesso. Fuor di generalismi e per fare un esempio: non è possibile che se il Pnrr ha qualche inghippo la colpa sia di Draghi mentre ci si assume il merito di una economia che regge grazie anche al Pnrr, ma sorvolando su questo particolare. È una storia stucchevole e stupida, come già detto.
Una classe politica adeguata sa (o dovrebbe sapere) che prende le cose fatte da altri, nel bene e nel male: è l'essenza della rotazione democratica. L'allora sindaco di Brescia, Paolo Corsini, volle la metropolitana, ora la città ne gode e, al tempo, fu Adriano Paroli, sindaco della coalizione che la metropolitana avversò, ad inaugurare - una ad una - le 17 stazioni della metro. È il bello della democrazia: qualcuno progetta e qualcuno inaugura. Senza far troppo strepito.
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