Dialèktika

La dea della gioia ai piedi dell'albero

Il colore viola tra fioriture primaverili e strumenti antichi
Viole di campo - Foto © www.giornaledibrescia.it
Viole di campo - Foto © www.giornaledibrescia.it
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E d’improvviso eccola lì, di nuovo. Come d’incanto è comparsa un mattino ai piedi dell’albero che ancora dorme. È la vibrazione - delicata e potente - che ci regala la fioritura delle viole.

In cuor nostro ci eravamo ripromessi di non commuoverci più e invece eccoci ancora qui, vinti da stupore. E non può non suscitare stupore la complessità linguistica che nel nostro dialetto si nasconde dietro al semplice bisillabo «viola». Partiamo dal nodo della pronuncia. Il «Lessico bresciano» di Gianni Pasquini riporta tre varianti, ognuna con significato diverso.

Viòla (con la ò aperta di «però») indica sia il colore sia lo strumento musicale, viöla (con la caratteristica ö delle lingue centroeuropee, come nel francese «mon Dieu») indica il fiore, e infine vióla (con la ó chiusa dell’italiano «colpo») che risuona solo nell’espressione «’ndà ’n vióla», andare in giro, passeggiare festevoli e nullafacenti. Nel dialetto di Borno (certificato da Ghitti e Goldaniga) invece la viòla è il colore e il fiore, mentre viöla è lo strumento e il vagabondare. A Bagolino (vedi Bazzani-Melzani) un unico viöla comprende tutti i significati. Pronuncia a parte, sul fronte dei significati in questo labirinto io ho trovato due fili di Arianna. Il primo tiene insieme fiore e colore e parte dal latino «viola» (a sua volta dal greco «ìon»).

Il secondo è più intrigante: tiene insieme strumento e festa e arriva dalla dea Vitula, la dea della gioia che i romani celebravano a luglio («vitulari» è il gioire). Da questa gioiosa festa derivano sia lo strumento medievale a corde «viella» (nonna della viola) sia il nostro festevole «’ndà ’n vióla». Che bei colori nel dialetto. Che vibrazione delicata e potente.

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