Cucina

Autunno dolce con le giuggiole, sia in brodo che in risotto

Proprio ad ottobre si raccolgono le rosse drupe di quest'arbusto diffusissimo, noto medicamento dell'Estremo Oriente
Giuggiole
Giuggiole
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L'autunno è da sempre stagione mesta: l'estate è un ricordo e alle viste ci sono solo i mesi del freddo inverno. Eppure proprio in queste settimane la natura porta a maturazione, anche negli orti e nelle coltivazioni bresciane, i frutti del giuggiolo. È uno degli ultimi regali anche del bosco, gradito non solo per il suo gusto dolce con un bello spunto acido - un po' come le varietà di mele di questo periodo - ma è talmente piacevole al palato dall'aver dato origine al detto popolare dell'«andar in brodo di giuggiole», a significare altrimenti «l'andare in solluchero», l'essere pienamente soddisfatti e compiaciuti per un fatto o una situazione.

Per lenire la mestizia di queste giornate, ecco allora che, senza indugio, facciamo entrare subito le umili e convenienti giuggiole nella dispensa di Stagioni in tavol@, anche perché si tratta d'un frutto dalle insospettate qualità nutrizionali, che fa davvero bene all'organismo, oltre che prestarsi ad un'infinità di trasformazioni in cucina.

Il parere dell'esperto

Frutto antico e generoso, la giuggiola è una drupa d'un rosso tendente al marrone a piena maturazione, che vanta presenza selvatica e coltivazione diffusa ben radicata da tempi antichissimi nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Ed anche in Italia se ne produce una discreta quantità, al punto che Aquà Petrarca (la cittadina patavina d'aspetto medioevale adagiata sui Colli Euganei, resa famosa quale residenza degli ultimi anni di vita del poeta trecentesco d'Arezzo) vi si è legata indissolubilmente, celebrando una festa che quest'anno è iniziata il 3 ottobre.

La si vuole pianta originaria della Cina, dove testimonianze la certificano utilizzata più di 4.000 anni fa, soprattutto come naturale rilassante, mentre in Italia è approdata dalla Siria grazie ai Romani in epoca augustea. E da allora si è diffusa in tutto lo Stivale, pure alle nostre latitudini, utilizzata anche come alimento (insieme al frutti pure le foglie sono commestibili) nei periodi di carestia.

Ma non è certo il suo valore energetico a farne un elemento interessante anche per la nostra dieta. Infatti le giuggiole garantisco una straordinaria carica di vitamine, in particolare C (fino a 20 volte più di una arancia) B1, B2, B6, nonchè sali minerali come potassio, ferro e manganese. Inoltre è insolitamente positivo il fatto che tutti questi elementi siano rafforzati nelle lavorazioni, quali essiccatura e bollitura, al contrario di tanti altri frutti e vegetali. Già si è detto del potere rilassante, della capacità di favorire il sonno, ma non sono trascurabili altre virtù quali la depurazione del fegato e l'effetto accelerante sul metabolismo, mentre occorre guardarsi dal consumo eccessivo solo per la quota di fruttosio, velenosa per i diabetici.

Tra storia e letteratura queste drupe fanno spesso capolino, a cominciare da Erodoto, che le paragona nel sapore al dattero, e addirittura dall'Odissea di Omero. Secondo un'interpretazione ormai acclarata dagli studiosi, il mitico cantore cieco si riferiva infatti proprio ad un infuso alcolico di giuggiole nel raccontare la perdita dela memoria (con conseguente e preoccupante riduzione del richiamo del ritorno ad Itaca)  dell'equipaggio di Ulisse nell'isola dei Lotofagi. Gli effetti dell'abbuffata di frutti e infuso di  fior di loto del racconto omerico altro non sarebbero che giuggiole, anche perchè nell'area magrebina, dove si crede si collochi l'isola dei Lotafagi (probabilmente Djerba), questa pianta era chiamata Ziziphus loto. E la perdita della memora altro non sarebbe che un'ubriacatura di infuso alcolico di giuggiole.

Fin dal Seicento c'è poi testimonianza del detto popolare andar in brodo di giuggiole che, in verità con le giuggiole non avrebbe un legame diretto. Il modo di dire infatti deriverebbe dalla storpiatura dell'andar in brodo di succiole che, in area toscana, significava la massima soddisfazione già a fine Medioevo. Ma le succiole non sono giuggiole, bensì castagne cotte con la loro buccia, da qui il commestibile brodo. 

Quel che oggi intendiamo con brodo di giuggiole però non sono giuggiole bollite (anche se c'è chi usa procedimenti che prevedono un passaggio sul fuoco), bensì i frutti ben maturi lasciati in infusione nell'alcool puro con l'aggiunta di zucchero, altra frutta (mele cotogne e acini d'uva) e bucce di limone e bergamotto.

La ricetta

Sono davvero molti gli utilizzi in cucina delle giuggiole, massimamente per i dolci o in confettura, fresche o essiccate, e pure nell'ormai classicissimo brodo, un liquore che però non è semplice da realizzare in casa, per la necessità di bilanciare correttamente i vari ingredienti e il lungo periodo di infusione, che renderà il liquore perfetto solo a Natale (meglo comprarsene una bottiglia già pronta e garantita, magari dai produttori storici di Arquà Petrarca). Come per tutta la frutta con una punta acida ben presente, non mancano però pure gli usi nelle preparazioni salate, come quella che sufggeriamo oggi: il risotto con zucca, giuggiole e Gorgonzola

Prima di avviare un tradizionale risotto dovrete prendere qualche fetta di zucca e farla cuocere senza condimento alcuno in forno a 180 °C, finchè non comincerà a brunirsi, preparando nel contempo un brodo di verdure. Fate a questo punto partire il riso con un lento soffritto di cipolla e olio o burro, quindi tostate a fiamma alta il riso per qualche minuto, sfumate con vino bianco secco e unite un poco di brodo e la zucca sminuzzata con la forchetta sino a farne una purea.

Quando mancheranno pochi minuti alla cottura al dente, unite le giuggiole fresche, a pezzi e private del nocciolo e terminate la preparazione con una energica mantecatura fuori dal fuoco con il Gorgonzola e, se serve, poco burro, olio e brodo. Ed ecco pronto un primo piatto autunnale, davvero insolito e gustoso.

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